La Belle époque – “C’era una volta la Palermo dei Florio”
La Belle Époque è un periodo storico, culturale e artistico che va dalla fine dell’Ottocento e si conclude una trentina d’anni dopo con lo scoppio della prima guerra mondiale. L’espressione Belle Époque la cui traduzione che fa comprendere l’aria che si respirava è “l’epoca bella” o meglio i “bei tempi”.
Questo fermento nacque in Francia prima della prima guerra mondiale. Essa si sviluppa in parte come testimonianza di una realtà storica connotata da un periodo di sviluppo, spensieratezza, fede nel progresso e dall’altra parte da un sentimento di nostalgia. Per idealizzare la realtà.
Dalla fine dell’Ottocento in poi le invenzioni e progressi della tecnica erano stati all’ordine del giorno. Tutto questo aveva determinato un profondo ottimismo sulle possibilità dell’uomo, a cui niente sembrava precluso. In Italia la Belle Époque in architettura si tradusse con l’Art Nouveau e in Sicilia, a Palermo il genio di Ernesto Basile e il mecenatismo della famiglia Florio trasformarono la città con la costruzione imponente del Teatro Massimo o la celeberrima villa Igiea.
Pertanto ripercorrere il mito della Famiglia Florio significa identificarla con gli anni in cui la città di Palermo raggiunse l’apogeo d’immagine e di influenza in Europa e ciò accadde quando Ignazio Florio junior sposò la nobile e bella Franca Jacona di San Giuliano. Donna di straordinaria bellezza donna Franca, come la chiamava D’Annunzio nelle sue lettere, era ammirata da tutta l’Europa.
Amica di D’Annunzio ma anche di Leoncavallo e Caruso e di Marinuzzi oltre che di Mulè e Donaudy . La sua bellezza ed eleganza ispirò quasi sicuramente le liriche di questi compositori siciliani e primo fra tutti Stefano Donaudy che compose per lei ammirandola nel quadro che la ritrae elegante con la sua collana di perle Vaghissima sembianza.
Vaghissima sembianza…
D’antica donna amata,
Chi, dunque, v’ha ritratta
Con tanta simiglianza
Ch’io guardo, e parlo,
e credo d’avervi
A me davanti come ai bei d amore?
La dama fu l’animatrice della vita mondana e culturale di Palermo; partecipò all’inaugurazione del Teatro Massimo e si trasformò in icona dell’aristocrazia con il ritratto che le dipinse Giovanni Boldini. Il pittore arriva a casa Florio nel marzo del 1901 per eseguire il ritratto. Finito il lavoro il pittore attende che il suo committente saldi del conto.
Ignazio Florio senza giri di parole gli scrive che è necessario modificare il quadro che ritrae la moglie in una posa troppo sensuale. Il quadro più pudico venne dipinto ma per alterne vicende fu smarrito. Nel 1924 donna Franca chiede che venga completato il suo ritratto
Per ogni palermitano ancora oggi è un vanto e un orgoglio per la città che fu ammirare e fare ammirare agli ospiti il quadro di Giovanni Boldrini che per decenni troneggiava nella sala ristorante del Grande Albergo Villa Igiea.
Sono ritornata qualche giorno fa per un aperitivo nelle terrazze del famoso hotel. La luna e le luci si specchiavano sul mare e lo sciabordio delle acque dondolava dolcemente le barche ormeggiate.
Visitare Donna Franca è una prassi consolidata e così con passo sicuro ci siamo diretti verso il quadro. Con sommo stupore la padrona di casa non arricchiva più la sala. Il cambio di gestione dell’hotel in questi anni e una mostra del pittore a Forlì hanno permesso che la signora lasciasse la sua dimora e la città senza farne ritorno.
Così adesso possiamo davvero dichiarare che la Belle Époque è miseramente finita; finiti i fermenti culturali e musicali e sottratta per sempre l’identità di una città che attraverso il simbolo dei Florio ha continuato a sperare in un fulgido futuro. Con l’asta il dipinto ha ripreso il suo viaggio verso l’ignoto .