Ben trovata, Lady Macbeth!
Fra le tragedie nere di Shakespeare, Macbeth è stato il testo che ho preferito da subito, ai tempi della scuola. Sebbene ritenere stralci di brani a memoria non sia il mio forte, non riesco a cancellare quel monologo che ha dato un tocco di solennità alla mia ordinaria vita da liceale: life is but a walking shadow…
Posto ciò, mentre programmavo di assistere al Macbeth messo in scena da Branciaroli al Verdi di Padova, le aspettative erano alte. Tanto il testo quanto il regista -nonché istrionico attore protagonista- mi facevano sperare in qualcosa che richiamasse, a 400 anni dalla morte del Bardo, la stretta allo stomaco che avevo sentito otto, nove anni prima, sui banchi di scuola.
Non c’è da restar delusi. Branciaroli ricopre egregiamente il ruolo di Macbeth nella sua scalata verso il trono e verso la disperazione, la compagnia di attori mantiene un ritmo incalzante senza tralasciare istanti di catarsi e sospensione. Il Macbeth che vediamo è una trasposizione pulita, pura, essenziale nel nero della scenografia e nel rosso e dorato degli abiti regali. Le tre streghe, di cui avevo in mente un dipinto dettagliato sin dai tempi della lettura scolastica, corrispondevano a quelle che avevo ipotizzato: un richiamo arcano a profezie malefiche, inquietanti nei loro perversi giochi di seduzione, genitrici di vizi che ingoiano virtù, scatenano il caos. Tre esseri androgini che distolgono l’uomo dal suo tentativo di configurare uno schema sensato attorno a quella che chiama vita.
Life is but a walking shadow, a poor man that struts and frets his hour upon the stage, and then is heard no more…
La scelta di lasciare che alcune parti -tra cui tutte quelle delle streghe- siano pronunciate dagli attori in lingua originale dà una potenza inedita al testo, ne incrementa il fascino se non altro perché è più facile vedere in quell’inglese ormai obsoleto l’eco di qualche incantesimo, un ritorno all’arcano, la magia nera di quell’ibridazione di valori maschili in corpi femminili e la costante di un’affascinante crudeltà tentatrice.
Tragedia sanguinaria, quella di Branciardi riesce a evocare la violenza senza bisogno di schiaffarla sotto lo sguardo dello spettatore. Al posto della chiara visione, ci sono a fare da sfondo grida angoscianti, comparse in nero che rappresentano i fantasmi interiori che succhiano il sonno di chi si è sporcato le mani di sangue. Piccoli accorgimenti di regia che finiscono dritti allo stomaco.
L’ironia della sorte ha voluto che proprio la mia tragedia shakesperiana preferita fosse l’unica che ancora non avevo visto a teatro. Ma come in tutte le love story stereotipate, l’attesa dell’amato/a ha il suo perché. O, per dirla in termini più teen: è stato come andare al concerto del mio idolo. No: in realtà è stato come incontrare un personaggio di un libro o film che non pensavo di ritrovare nella vita reale. Invece Lady Macbeth era lì, ed erano lì le streghe, proprio come le avevo dipinte nelle mie fantasticherie.
Sicuramente, un più che degno omaggio al Bardo.
Macbeth, al Teatro Stabile Verdi di Padova, dal 23 al 27 novembre 2016
con:
Franco Branciaroli e Valentina Violo
e con: Tommaso Cardarelli, Alfonso Veneroso, Stefano Moretti, Daniele Madde, Giovanni Battista Storti
Scene: Margherita Palli
Costumi: Gianluca Sbicca
Luci: Gigi Saccomandi
Regia: Franco Branciaroli