Spassionatamente – da romanzo inesistente
I.
Glielo dico spassionatamente mia cara, un uomo con le tasche dei calzoni bucate non può andare lontano. Esplorerà quel pertugio buio, si interrogherà sulle dimensioni con pollice e indice e comprenderà che non è il caso di smarrire né il fazzoletto con le iniziali cifrate, né il ferma soldi di paterna memoria. Lei piuttosto, cerchi tra gli oggetti ammucchiati nel ripostiglio, si procuri ago e filo e quel ditale di ceramica che le regalò sua suocera, che una moglie ci prova sempre a rammendare un marito.
si procuri ago e filo e quel ditale di ceramica che le regalò sua suocera, che una moglie ci prova sempre a rammendare un marito.
II.
Ma che glielo dico a fare mia cara? Lei saprà già che tutto ritorna. La schiuma si raggruma sulla superficie dell’acqua imprigionando i residui sudici, anche i cadaveri tornano a galla e le colpe non si possono ingoiare che il singhiozzo è un sintomo.
Lasci aperte le imposte, la polvere riesce a trovare il modo per entrare e la smetta di strofinare anche i pomelli delle porte che se ci sbatte contro le rimarrà il livido.
III.
Glielo dico spassionatamente mia cara, quel senso di malessere che la prende al mattino, che le spezza la voce, ecco, lei deve ignorarlo. Non è facile turare un colino che se appena si spostano le dita da un punto qualcosa sfugge da un altro, e c’è da dar di matto. La separazione non è mai improvvisa, ma necessaria, sì, e nessuno ha stabilito che si debba sfidare la morte per rimanere insieme. Vede mia cara, un matrimonio è come un alveare e in questa cittadina laboriosa ciò che cola non è miele, è tristezza in serie. Indossi un bel foulard, nasconderà qualche piccolo cedimento ed eviterà di buscarsi un serio malanno.
IV.
Glielo dico senza acrimonia mia cara, lei non è una pianta, se così fosse avrebbe radici e non quei tacchi ripidi, dimorerebbe in vaso, uno di coccio che è materia che le si addice; invero lei, al massimo, è giusto uno stelo diritto che succhia avidamente da un vaso di cristallo. Attenta mia cara signora che l’acqua evapora assieme alle speranze, e mani parche possono negare il liquido vitale; che un uomo disseta prima sempre se stesso. Trovi un giardino, anche incolto, annusi, sparga sementi alla rinfusa e ricordi che la pioggia segue la parsimonia delle stagioni, mai del cuore.
Trovi un giardino, anche incolto, annusi, sparga sementi alla rinfusa e ricordi che la pioggia segue la parsimonia delle stagioni mai del cuore.
V.
Glielo dico per il suo bene mia cara, rimpicciolisce l’amore con il passar degli anni, e non sono bastevoli buoni occhiali griffati e con le punte verso l’alto. Nulla restituisce la vista. Ah, e non mi dica che è cieco, luogo comune e insufficiente, per cui mia cara chiuda gli occhi e si guardi dentro, un inventario dei suoi organi interni è quel che ci vuole.
In basso a destra il fegato, (qualche bicchiere di troppo?) un po’ più in alto i polmoni, provati da anni di smog, che in questa casa si soffoca. E il cuore mia cara? Deve essere sfuggito al suo controllo. Lo tiri fuori dal ripostiglio in cui si è rifugiato, vicino a scope e stracci, che la polvere lo rovina. È un muscolo involontario, ce lo insegnano sin dalle elementari, ricorda?
VI.
Glielo devo proprio dire, mia cara, bisogna attendere che si sgonfino, ecco mi ascolti, gli occhi hanno la pessima abitudine di arrossarsi e giusto sotto la rima ciliare dabbasso le sue iridi trasparenti si formano antiestetiche borse. Piangere non ha mai ucciso nessuno, lo consideri una sorta di ricambio umorale, osmosi emozionale. La buona notizia è che tra qualche ora la sua pelle tornerà liscia, come nuova. E soprattutto si allontani da quelle cipolle, si netti bene le mani che i cattivi odori sono come i cattivi pensieri stentano a venire via. Non lasci che suo marito la trovi in questo stato. Gli uomini si commuovono dinanzi alle lacrime delle donne, non delle mogli, e le assicuro che c’è una bella differenza.