Qui ed ora
Le gocce di sudore le scendevano lungo la fronte. Segnavano un cammino che era lo stesso dei pensieri. Seguivano la vena che normalmente si gonfia dopo quello sforzo immane. Era riuscita a raggiungere la vetta nonostante il percorso fosse estremamente tortuoso. Ad ogni passo provava ad associare un numero: era questo il vano tentativo di non rispondere al chiacchiericcio che si consumava nella sua testa. Salire fin lassù non doveva essere il viatico per nuovi ragionamenti spontanei, inutili quanto dannosi, che la portavano ovunque lontano da sé. Portarsi il carico dello zaino e del suo corpo era sufficiente, la zavorra dei pensieri non doveva raggiungerla così in alto. Era appunto una zavorra, l’avrebbe potuta far precipitare a valle invalidando la sua idea di camminare, camminare a lungo e in salita, per doversi concentrare solo sulla riserva di respiro e non anche sulle futilità mentali che le invadevano la vita. Aveva scoperto che il continuo rimuginare su passato, ipotesi di futuro e improbabili dialoghi con altrettanti interlocutori, non era una forma di ricchezza di una mente sempre attiva che non l’abbandonava, mai ma il male assoluto.
Le gocce di sudore le scendevano lungo la fronte
Aveva capito che quelle discussioni infinite tra la sua mente e se stessa, erano il baratro, erano l’anticamera dell’infelicità e della disperazione, perché nulla era voluto, nulla era consapevole ma lo stesso era tutto estremamente condizionante. “Nulla di quello che pensi è vero”, aveva letto su un manuale neanche troppo approfondito di crescita personale, ma questo le era bastato per crederci e per, finalmente, capire che le paure, le angosce, la rabbia, sono le risultanze non di fatti autentici ma di vaghissime ipotesi a cui si dà credito come se a parlare fosse qualche strano Dio, più in persona che in spirito. Le era bastato solo qualche passaggio per capire dove lei, e l’intera umanità, si erano cacciate. “Siamo un turbinio impazzito di paure infondate spacciate per oro colato”, aveva scritto ad una sua amica sempre molto attenta alle sue intuizioni. Ma questa non era una sua intuizione, questa era una rivelazione bella e buona alla quale bisognava dare seguito con impegno e con un “cambio di paradigma”, come il libro suggeriva. E adesso? Meditare le sembrava impossibile, ché dopo qualche tentativo di portarsi con la mente qui nel presente capì che la strada non era quella, almeno non la sua. Prima di ricevere qualche beneficio dalla meditazione sarebbe passata una mezza eternità, perché una persona iperattiva non può all’improvviso schiacciare un bottone, mettersi in pace e concentrarsi sul respiro.
Nulla di quello che pensi è vero
Decise allora che se immobile e concentrata non poteva stare, si sarebbe organizzata e si sarebbe concentrata nel modo che le risultava più congeniale: con il movimento. Certo col movimento il respiro non sarebbe mai stato rilassato, ma comunque sarebbe stato così veloce e forte e presente da potersi soffermare su di esso. Questa l’idea. Questo dunque il programma: percorso di montagna, il più faticoso possibile ovviamente, per stancarsi, respirare forte, concentrarsi inevitabilmente su quel respiro e imparare a non pensare. Bene, a parole sembrava possibile e immediato, ma scoprì presto, e a sue spese, che quel chiacchiericcio infernale non aveva ceduto il passo nemmeno di un palmo. Più camminava, più si stancava, più si ritrovava, appena rinveniva dai suoi pensieri – come dopo il risveglio da un’ipnosi – a pensare sempre a qualcosa di illogico o a qualcuno di noto, con dei voli pindarici da un argomento all’altro senza nessuna logica lineare. Era chiaro: non sarebbe stato facile. Ma confidava, dopo aver scoperto che si vive tutti con “Una mano immersa nel passato e una nel futuro”, nella sua nuova voglia di essere presente a se stessa. Avrebbe fatto tutto quanto necessario perché la sua vita non si svolgesse più lontano dal suo centro e dentro una scatola cranica, ma fuori, all’aria aperta, nel qui ed ora, come una vita piena di vita pretendeva. Anche meditando se necessario, ma soprattutto credendo in sé e non nella macchina macina pensieri che tanto l’aveva distolta da sì tanta irripetibile bellezza: l’oggi.