Economia di coppia
Parlavo con un tizio, sabato sera, delle differenze tra uomini e donne. Sì, proprio quei discorsi infiniti su Marte e Venere, che alla fine ti fanno scoppiare nel cervello il mantra del: cambia sponda che ti conviene, cambia sponda che ti conviene, ti prego fallo che io sono stanchissimo, non ne posso più, vuoi vedere che significa lo sciopero coatto? Eh?
Così, voglio fare un piccolo ragionamento. Sui rapporti di coppia e non solo. Perché poi, nel web, non so se lo sapete, ma c’è la internetdipità: stai saltellando da un posto all’altro senza pensarci più a quei discorsi da pub del sabato sera e capiti su un articolo che ti piazza lì una frase, una citazione, qualcosa, che riapre proprio quel cassetto. E ti ricordi che hai anche una rubrica dove ne puoi parlare, dopo, una volta messi in ordine tutti i pensieri.
La frase è un proverbio persiano che dice: “Per conoscere davvero qualcuno ci devi mangiare, dormire e viaggiare insieme”. È una bella verità.
Ma è un po’ riduttivo. Ho conosciuto persone con le quali mangiavo, dormivo e viaggiavo bene. Solo che non hanno superato quest’altra massima: “Gli amori sono come i bambini, non sai se vivono finché non piangono”. Che chiamarla massima mi sembra pure eccessivo, siccome suona come un tipo di pensiero alla Fabio Volo. Forse è proprio di Fabio Volo e appena lo scoprirò cancellerò tutto questo post.
Comunque è vero, per conoscere qualcuno (fidanzati o amici) e capire se ce la puoi fare a sopportarli al tuo fianco, ci devi litigare. Non tanto eh. Non dico di tirarsi i piatti. Dico che prima ti devono deludere. E tu devi deludere loro. E solo allora si vede. Se ti passa la voglia, la speranza, la fantasia, il bene, vai a cercare un altro posto, perché lì è tutto esaurito. Se c’è ancora qualcosa che ti dice di non mollare, ne vale la pena. Ne varrà la pena anche se finisce con i piatti tirati.
Purché non siano il servizio buono. Per quello no, non ne vale la pena mai.
E, in ultimo, una persona la conosci anche standoci in silenzio. Il silenzio è sottovalutato. Il silenzio è una di quelle cose che ti hanno insegnato che un po’ non si fanno, soprattutto per noi donne. Ed eccolo qui, il punto cruciale del discorso: ce l’abbiamo nel dna, noi portatrici sane di utero, la mania della conversazione. Il problema è che non ci accontentiamo di sfogarla solo tra di noi, ma pensiamo che sia giusto e doveroso che anche gli uomini partecipino alla festa. Gli uomini! Che se c’è qualcosa che non hanno, è proprio la voglia di chiacchiere da femmine. Di seghe mentali, da femmine.
E mi ci è voluta una puntata di un nuovo serial tv che sto seguendo, Girls, per riuscire a spiegare tutto questo alla donna che c’è in me.
La scena è questa: una delle protagoniste, Anna, fa un lungo discorso al ragazzo che frequenta (che, diciamocelo, nell’insieme chiuso dei “maschi” è il portavoce ufficiale del sottoinsieme “stronzi”). Gli dice che lei merita qualcuno che la trovi speciale, unica, che faccia sesso solo con lei, che non la faccia stare male. E fa per andarsene. Ma lui fa quella cosa lì, quella che ci aspettiamo (e speriamo) tutte: la trattiene per un braccio. E, come se non bastasse, la bacia anche. E lei cede. Fanno l’amore, lui le dice che deve essere se stessa e tutte cose belle, così lei il giorno dopo è convinta che si sono messi insieme. Povera scema.
Lo torna a trovare dopo il lavoro, tenta un approccio, ma lui la scosta e le dice: “oh, basta co ste cose, ieri sei stata abbastanza chiara”.
E lei gli risponde: “oh, ma ieri quando? Ma sei bipolare o cosa?”
“Ieri quando mi hai detto che ti faccio stare male, hai presente?”
Sì che ce l’ha presente Anna, solo che poi glielo dice: “scusa, ma poi mi hai baciato!”
E lui, che sarà anche stronzo, ma è soprattutto un maschio, le risponde: “Ma avevi la faccia così triste”.
“E allora perché poi abbiamo anche fatto l’amore?”
“E, ma scusa, ci stavamo baciando!”
Ecco, non si scappa. Con un uomo ci litighi e lui spesso manco capisce il perché. Ma mica è scemo. E per chiarire il punto mi viene in mente solo questo esempio: nel corso dei miei anni universitari passati a studiare marketing ed economia, ho provato a farmi spiegare anche dagli sconosciuti in facoltà come diavolo funziona il sistema della borsa. Compro, vendo, ma che vendo? Titoli! Ma che so i titoli? Pezzi di carta! E perché diavolo devo vendere pezzi di carta, ma chi se li compra, i pezzi di carta, ma che siete tutti matti??
Non c’è modo, davvero. Non c’arrivo. Non è colpa mia. Applico a un contesto pensieri che non c’entrano niente, continuo ad approcciarmi con domande sbagliate (tipo “ma che senso ha”) che, a un certo punto, si concludono con il collasso del mio interlocutore.
Non-c’arrivo. E non sono così scema. È che non è nel mio linguaggio, non è nel percorso che fanno i miei pensieri quando devono convincermi di qualcosa, non riesco a concepirlo. E il tipo di Anna non è mica solo stronzo. È che non c’arriva.
Perché ha un altro tipo di cervello, in cui succede questo: donna dice cose strane + uh guarda com’è triste + bacio di consolazione + avvio del sistema cardiocircolatorio = sesso.
Lei, da parte sua, come nei migliori sistemi economici in perdita, fa questo: Oddio come sono triste, ora piango + ti prego ti prego ti prego baciamoci e dimostriamo a me stessa che non dobbiamo lasciarci + uh, figo, il sesso non l’avevo neanche immaginato come finale del discorso, grazie! = mi ama, è ovvio, è che deve solo capirlo meglio.
Il punto è: per capirlo ci vuole un Dio economista, la pazienza di un fachiro o, magari, sarebbe il caso di ammettere che non c’arriverà mai? O che, forse, tutte ste seghe mentali è meglio che ce le facciamo con le amiche, in pigiama, con le pinze nei capelli e la crema all’argilla sulla faccia?
E così, sabato sera, cercando di sovrastare le grida del mio cervello preso dalla deriva omosessuale come unica strada praticabile per la felicità, ho guardato quel ragazzo e gli ho detto: ma quindi perché continuiamo a provarci come disperati? E lui non ha risposto nulla, mi ha solo mostrato le mani e ha intrecciato tutte le dita.
Ma certo, per l’incastro.
E io, che sono un sistema economico in perdita, con quel gesto ho visualizzato un finale felice in dissolvenza, con un uomo e una donna che si baciano appassionati e felici e la scritta “the end” sullo sfondo. Sì, c’erano anche il tramonto e gli uccellini che volavano dappertutto.
Il punto è che, forse, lui intendeva dire solo due parole: “il sesso”.