Giocando con Orlando, applausi per l’Ariosto
C’è stato un momento, un unico momento dei novanta filati del Giocando con Orlando di Stefano Accorsi e Marco Baliani, in scena al Teatro Bellini di Napoli, un unico momento, si diceva, nel corso del quale è parso che stessero per partire gli applausi.
Non ho il carisma del primo plauso, dev’essere quella una virtù speciale, concessa in dono a pochi eletti
L’applauso, notoriamente, s’innesca in una pausa. Necessita d’un attimo di silenzio un po’ più lungo del solito, d’una cesura, una soluzione di continuità che gli consenta di irrompere e prendere forma. Nessuno si sognerebbe mai di applaudire a lavori in corso, nel bel mezzo di un monologo. Ma nel Giocando con Orlando di Accorsi e Baliani in novanta minuti filati c’è stata un’unica brevissima pausa più lunga del solito. Un’occasione da non sprecare. Una mia vicina di poltrona della fila davanti stava per regalarmi l’emozione, se non di esserne l’autore, almeno di poter dire d’aver visto nascere un applauso in vita mia. Ma niente, il suo clap è stato così timido da risultare impercettibile. Aveva iniziato bene, ma poi sul finire è abortito in una carezza delle mani. Ho imparato che per dar forma a un applauso bisogna applaudire forte, senza rimorsi né rimpianti. Senza vergogna, insomma. Gli applausi timidi non fanno figli. E loro intanto, Accorsi e Baliani, sono andati avanti, l’attimo s’è perso, e nessun applauso è nato. Carpe diem, si diceva. Vale anche per gli applausi. Poco male: ne faranno incetta alla fine.
Perché Giocando con Orlando merita davvero. Intanto per il coraggio di mettere in scena un classico tra i classici, e poi per la scelta di farlo con ironia, mantenendo basso il profilo, come si conviene al cospetto di un gigante della letteratura italica, ancor più che italiana. Ludovico Ariosto, uno dei veri padri fondatori della nostra lingua, che non ne avrebbe avuto di certo a male a sapere che un giorno di mezzo millennio dopo la sua opera prima sarebbe stata rimessa in scena con sagace ironia dal duo Accorsi – Baliani.
Giocando con Orlando rende note sin dal titolo le sue intenzioni, e non si propone come mera rilettura dell’Orlando furioso, che sarebbe stato di una noia mortale, ma come vera messa in scena del suo nocciolo, reso con vibrante ironia e attraverso riuscitissimi tentativi di alleggerire la prosa arcaica, che risulta specie all’inizio, proprio per quello, piuttosto pesante.
Ma come gli occhi s’abituano alla luce, così le orecchie alla buona musica e al bell’udire l’italiano delle origini. Una vera riscoperta linguistica attende gli spettatori, che resteranno di certo colpiti dalla bellezza e dalla musicalità originaria della nostra lingua madre, e sorpresi di quanto i suoi tratti principali si siano preservati intatti nel corso dei secoli. Come quando le nostre nonne ci mostrano la mamma da bambina, così Accorsi e Baliani fanno con la nostra lingua, e ci stupisce sempre il constatare quanto siano state – e siano – entrambe straordinariamente belle.
Abbiamo visto Giocando con Orlando
liberamente tratto dall’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto
adattamento e regia di Marco Baliani
con Stefano Accorsi e Marco Baliani
produzione Nuovo Teatroal Teatro Bellini di Napoli fino al 5 marzo
Si ringrazia l’Ufficio Stampa