Nella luce del mattino
Sei distesa nella luce chiara del mattino. Resti distante, il corpo stropicciato sotto le lenzuola. Una strana allegria ti allontana dal presente e dai giudizi non richiesti.
Sei tu nella riga storta e innaturale dei tuoi capelli, ferma nell’ordine manicheo delle mie giornate. Ho studiato tutti i tuoi dettagli, l’imbarazzo e la tua ridicola premura che si rivela quando parli, con voce melliflua, di te conosco le stelle e gli artigli. Quando ti arrabbi, diventi sfacciata, ma in pochi minuti ti plachi, ridi, pronta a far cadere il mondo. Sei l’artefice della mia arte quando dipingo.
Dispieghi i tuoi trucchi di fronte allo sguardo di chi ti osserva e per un attimo il tuo corpo combacia con la mia idea di sovversione. Ti ammiri in spicchi di memoria, e nel farlo, ti approvi e ti disprezzi, non ti dai pace. Tu non dipendi da me, ma io sì. Gioco coi tuoi baci e accarezzo la tua pelle color crema, sei nell’aria che inspiro mentre…
…guardo la luce che sfuma nella stanza, resto senza difese, stretto in un corpo che esibisce una mappa chiazzata di deserti e foreste.
Mentre implori il lusso di abbracciarmi o di lasciarmi, metti da parte le discussioni, oltre il vortice delle parole, le quali cadono, rimbalzano e fuggono senza meta.
Sono vuoto come un palloncino stremato dal vento, o un pesce che ammira l’argento del cielo, ma rimane condannato a una pozzanghera. Ed esito, esisto nei grappoli di pensieri percorsi più volte, lacci di scarpe affondate nella nostalgia, nel peso gramo di linee sghembe e di nuvole stracciate. Il tuo viso contiene forme che non possono definire un’immagine di noi. Sovrana, la realtà ti reclama alla mia immaginazione. Mentre ti vesti, ti immagino parlare con frotte di studenti, ed essere pioggia, decisa e trasparente.
Allora, se chiudessi gli occhi, sentirei tutte le onde del mare che hanno accarezzato i tuoi piedi, e il silenzio metafisico della spiaggia di Mondello libera di gente. Ricorderei il vuoto, esigente e tirannico, del tuo essere. Parlerei con le persone che sei stata, direi loro di aprire una crepa, qui nei muri della stanza, e di ascoltare il vento sottile che la attraversa, e infine accettare la distanza che cuoce a fuoco lento, senza cercare di capire. Pondera bene anche la sofferenza, perché fai male, sai.
Ora, però, lasciami dormire, nell’ombra del tuo fantasma.