La forma dell’acqua
Non sprecarla!
Chiudi il rubinetto, spegni la luce, i bambini muoiono di fame. Di fame e di sete.
Io non ci facevo caso e dimenticavo che era necessario economizzare, o forse non me ne importava proprio nulla, non avevo che una idea vaga di dove si potessero trovare questi bimbi in Africa, in comune avevamo il caldo che ci tormentava per parecchi mesi, la fame no.
Estati infinite le nostre, l’acqua era sollievo. Che forma poteva avere l’acqua? Era questo il gioco che facevo.
Rimanevo a guardare il getto d’acqua, un filo sottile che s’ingrossava fino a spruzzare sulle superfici circostanti.
In un film di spionaggio avevo visto che tenevano i rubinetti aperti per poter parlare senza essere uditi. L’acqua rende sordi i rumori, prevale su tutto.
Io tenevo aperto per non sentire gli altri.
Porta chiusa, orecchie occupate da quello scroscio, la tonalità unica dell’acqua.
Turavo il lavandino e immergevo entrambe le mani, i polsi fino agli avambracci. Un immagine al rallenty che rivivo oggi, l’acqua era una rinascita muta. Era mia. Io ero acqua, rumore e silenzio. No, non potevo annegare in un lavabo.
Facevo un gioco sciocco, la mia mano destra si trasformava in una tuffatrice, indice e medio a guisa di gambe, due passi eleganti e dentro, un tuffo, poi aprivo la mano come se le persone si potessero disfare semplicemente con un gesto. Sciogliendo un nodo o allargando i palmi su una superficie.
Ancora in bagno sei? Esci.
In quel luogo piccolo, affollato da creme, cosmetici scaduti e specchi che rimandavano all’infinito la stessa immagine, credo di aver avuto le mie idee più brillanti, ma era anche il luogo dove avevo potuto dare sfogo alle lacrime più brucianti. In quello spazio minimo i miei pensieri avevano trovato il coraggio di ribellarsi.
Esci! Pensi di essere la padrona del bagno?
Io che non ero nemmeno padrona di me stessa ero accusata di essere la padrona di un cesso da ristrutturare.
In realtà era la rivendicazione di uno spazio minimo, di un luogo inaccessibile. Quando sei una bambina non puoi avere segreti, sembra che tutto dipenda dalla volontà altrui. Forse è davvero così. Tutti ti guardano e credono di sapere ogni cosa di te.
L’acqua cominciava a defluire nonostante il lavandino fosse tappato, un nemico invisibile e implacabile quella fessura, l’acqua diminuiva sempre più come il tempo che mi restava a disposizione prima che qualcuno tempestasse di pugni la porta.
È passato il tempo, quella bambina ha trovato altri spazi da rivendicare, è uscita da quella minuscola stanza e ne ha trovate altre. È uscita fuori. È padrona di luoghi e idee. È cambiata, sono mutati i lineamenti, le mani hanno subito le intemperie degli anni, ma quando le immerge nell’acqua ogni cosa perde peso e tempo e lei è come l’acqua, non ha più forma né tempo.