Maggio caldo (sogno di una notte di manco estate)
Non tira un filo d’aria. Credo sia meglio spalancare tutto, qui si crepa. Caldo di merda, che maggio del cazzo. Buuu, nevvero niente di quel che dici. É piovuto qualche giorno e ora è tutto verde. Vai in collina e vedi che bello, altro che maggio del cazzo. Fa cagare, si crepa. Se lascio tutto aperto poi cosa succede? Ma non succede niente, via. Che ti credi che viene il babau? No, il babau no, ma metti che sento un rumore… Che poi non c’è bisogno di un rumore. Cioè, non c’è bisogno di un rumore vero intendo. Rumore vero, ma che stai a dire? Nel senso che basta immaginarselo un rumore. Giuro che una volta mi è parso che mi chiamassero. Ho sentito: Matteo! E bum, mi sono svegliato. E ti batteva forte il cuore? E mi batteva forte il cuore. E chi era, tua nonna? Tuo nonno? Il trisavolo? A volte lo fanno. Lascia stare i morti. Ero io che chiamavo. Cioè tu chiamavi te stesso? Si, esatto. Ero in dormiveglia e mi sono chiamato. Sono cose che succedono.
Ora guarda là. Dove là? Là dove? Quei due lì, non essere orbo. Ma siamo a casa, ci sono quattro mura, che stai dicendo? Non siamo più a casa. Hai ragione, effettivamente non siamo più a casa. Adesso li vedo. Ma che fa quello, gli salta addosso? Che modo è di approcciare il gentil sesso? Ma gli ha infilato la lingua in bocca. Ma che modi sono, ma via. Adesso gli vado a dire qualcosa. Tu non gli dici niente. Stai fermo qui. Non vedi che lei non si ritrae? Ci sta. Madonna che gente a sto mondo. Che hai scritto su quella mano? Amor ch’al cor gentil ratto s’apprende. Guardali. Forse dovresti cancellare “cor gentil”. Per il resto ci siamo.
Perché siamo tornati in questa stanza? Si stava meglio sulla panchina, almeno tirava un filo d’aria. Non dire così, era uno spettacolo indecoroso, suvvia, quei due schifosi. Nevvero, era divertente. Non saranno stati cuori gentili, ma mica facevano porcherie. Perché ti ho portato via, altrimenti vedevi. Io stavo meglio là, qui si crepa dal caldo. No, non apro, poi so già come finisce. E come finisce? Che non prendo sonno. Non esiste che uno non prende sonno. Quando la sveglia suona, trova sempre il tizio addormentato. No. Si. Allora mettiamo pure che prima o poi mi addormento. Ma so già che dopo un paio d’ore finisce che mi chiamo da solo.
Che palle questi incidenti. Già, manca poco che mi ammazzavi. Ma cosa stai dicendo coglione? Tu guidavi. Si, forse hai ragione, guidavo io. Devi stare più attento, non devi bere, devi stare all’occhio. Cazzo. Ma io ero attento. Poi non ho manco bevuto. E che è successo allora? Che mi sono cadute le braccia. Ma cosa vuol dire che ti sono cadute le braccia? Te lo giuro. Stavo guidando e ad un certo punto ho visto il volante ma non c’erano più le mie braccia. Allora mi sono guardato attorno ed erano a terra. Ma dici davvero? Giuro. Sembravano quelle degli omini Lego. Non sapevo si potessero staccare a quella maniera. Adesso che si fa? A me non piace questa storia. Nemmeno a me. Io torno nella stanza. Ma così scappi. E scappa anche tu. Se ci riuscissi. Aspettami.
Ti devo dire una cosa. Dimmi, però veloce, fa caldo e un po’ mi hai stufato se devo essere sincero. Allora te la dico: ti manca ancora un esame. No, questo no. É vero. No, dai no. Sono passati dieci anni, non puoi ritornare con questa storia degli esami. Credimi. No, no e no. Tanto non ti credo.
Matteo.
Ecco. Mi sono chiamato. Lo sapevo. Non sei tu che ti sei chiamato. E chi è allora? Sono io. E tu chi sei? Io sono te.
Chiarissimo, proprio. Che caldo. Maggio di merda, mi hai fregato. La sveglia, fate suonare quella cazzo di sveglia.