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©‎ 2013, facciunsalto.it
raccontiamo emozioni
Reg. Trib. Napoli n° 5/2020

l’idea

Questo Sole stilizzato è stato il nostro primo logo

Facciunsalto nasce dall’intuizione che le emozioni meritano di essere raccontate, riscoperte, valorizzate. Ma anche da una attestazione di umiltà, che ci ha portati a ritenere che leggere da noi di cronaca, politica o attualità sia in realtà null’altro che una perdita di tempo. Ci sono voci molto più autorevoli da ascoltare, parliamoci chiaro. Per parlare di economia occorre saperne davvero, studiare, informarsi. Per parlare di cronaca, occorre vivere i territori, presidiarli da buoni giornalisti di strada. Per parlare di sport, bisogna che la racchetta, o il pallone ti circoli nelle vene.

Per parlare di emozioni, invece, basta essere umani. Le emozioni sono nostre, e sono incontrovertibili. Raccontando emozioni non possiamo mentirvi.

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…poi è venuta la gocciolina saltellante…

Potranno non piacervi, certo, ma certo non potrete non condividerle. Perché non sono negoziabili. Sono nostre, e vogliamo farle vostre. Rendervene sinceramente partecipi. E’ questo lo spirito della nostra missione editoriale. Raccontare le nostre emozioni quotidiane.

E’ questa un’epoca in cui quel che conta sono le classifiche, le graduatorie, i rankings e i like. Un’epoca in cui tutto diventa numero, tutto può fare classifica. Un’epoca in cui tutti sono politici, allenatori, critici musicali, ad ogni elezione, Mondiale di calcio o edizione del Festival di San Remo.

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…e infine l’ultima arrivata: la effe inchiostrata!

Noi invece raccontiamo emozioni. Perché le emozioni non sono sindacabili. La tua non è migliore della mia, nè la mia inferiore, nè la sua più forte, o più debole, o alta, o bassa. Su facciunsalto.it non si trovano recensioni, non ci sono classifiche, nè punteggi o stelline. Si cerca solo di restituire ciò che un’esperienza ha lasciato dentro di noi.

Raccontiamo storie, non cronache. Perché quale che sia stata la nostra esperienza, in noi avrà fatto breccia un’emozione. Siamo qui per farvene partecipi, ecco l’idea.

SCAMPOLI DI PENSIERI

Doppio Vetro, Halldóra Thoroddsen

di Ester Trevisan

Fingere che la vita sia in piena fioritura, che ci troviamo nel mezzo del cammino. È a questo che bisogna ambire. Lei non ha certo voglia di tornare giovane.
Ha capito quello che tutti desiderano una volta oltrepassata la metà.

Occorre fingere di esserci, anche con sforzi immani. Le risate devono ingannare la morte… così la morte nella sua stupidità pensa: aspetta un po’, qui non c’è posto per me… qui sono tutti allegri.

Doppio Vetro, Halldóra Thoroddsen

La Stella di Natale

di Stefania Orrù

C’è una stella di Natale nel tuo prato

custodisce parte del tuo passato.

Quando bimbo giocavi dai nonni

e facevi tanti bei sogni.

Quando la magia la sentivi per davvero,

e i tuoi occhi brillavano sul serio.

Ti ricordi quell’emozione?

E le luminarie sul tuo balcone.

C’è una stella di Natale nel tuo giardino,

custodisce parte del tuo cammino.

In questi giorni di dicembre così anormali

dove forse rimpiangi quei giorni normali,

quei giorni pieni di luci

in cui spesso tu non brillavi più.

C’è una stella di Natale se vuoi trovarla

è là nascosta se vorrai scovarla,

illuminerà ogni tuo giorno,

non soltanto a Natale

ricordandoti di vivere e sorridere,

senza mai smettere di sperare

e sognare.

Soggetto vecchio, attributo ricorrente

di Giuseppe Visconti

Confessate su: da quanto tempo non leggete o non sentite “il vecchio genitore”? Mi è venuto in mente ascoltando in radio – la coerenza! –  una vecchia trasmissione registrata. Scriverlo o soltanto pronunciarlo è da retorica ormai dismessa, da parabola evangelica, sarebbe un modo per squalificarsi al volo, bastevole da solo a farsi dire “Torni a settembre, ci faremo sentire noi, le faremo senz’altro sapere!”.

Senza dubbio è l’accoppiata delle due parole, perché vecchio o genitore, ognuno per conto suo, lo leggiamo un po’ dovunque; ma è sicuramente la parola “vecchio” che vorremmo mettere in cantina, nessuno lo vuol sentire accostato al proprio stato.

Perfino mio padre si è indignato l’altra notte:

“Vecchio io? Pensa per te, io mi sento ancora forte e pure sano”.

A 106 anni mi è diventato permaloso, non era così quando era ancora in vita.

 

Leggerezza

di Stefania Orrù

Vorrei essere leggera come un nuvola,

posarmi leggiadra sui problemi.

Raccoglierli leggeri per poi affrontarli,

non rincorrerli no, semmai accoglierli

per apprendere ciò che c’è da imparare.

Vorrei essere leggera come una piuma,

per solleticare la mia vita e quella delle persone a cui voglio bene,

per ricordarmi sempre di ridere,

alla fine di ogni giorno.

Vorrei essere leggera come lo zucchero a velo,

per spolverare di dolcezza ogni istante,

e prendere solo un po’ di amaro.

Vorrei essere leggera come la leggerezza,

quella buona e non superficiale,

quella necessaria e preziosa,

per sentirsi leggeri.

È tempo

di Stefania Orrù

È tempo di melodie sui balconi

alternate a giusti silenzi che incorporano rispetto e dolore.

È tempo di cieli uguali per tutti e paure condivise

anche da chi forse non dice di averne.

È tempo di leggerezza,

di dolci cucinati insieme e bilance scordate.

È tempo di distanze fisiche ma di vicinanze dell’anima.

È tempo di gentilezze che dovrebbero essere abitudini.

È tempo comunque, di vivere.

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