Elogio al tradimento
31Erasmo da Rotterdam si cimentava con l’Elogio alla Follia, e gli riusciva anche bene esaltare la pazzia perché ottimamente si distingueva dalla moltitudine di caratteri ordinari e falsi, dediti al nulla.
Al liceo la lettura del sopracitato mi aveva lasciata basita. Come non essere d’accordo con alcune parti? Quelle in cui la libertà d’espressione, la spensieratezza e la gioia di vivere come un bimbo venivano poste come regole di salutare follia. E come invece non disprezzare le altre? Quelle dove si giustificavano eventi come la guerra perché dettata dalla foga e dall’istinto animalesco dell’uomo. Solo qualche esempio, che mi è sorto in mente ultimamente, perché parlando del più e del meno con amici che girano il mondo, spesso e volentieri sorgono argomenti che toccano temi come la fedeltà – di ogni genere – e il tradimento, e le riflessioni finali portano a dover per forza di cose elogiare l’ultimo perché, nella sua negatività di fatto abominevolmente umana, risulta ovvio e soprattutto utile, ed è proprio questo ciò che non mi dà pace.
Nel duemilaquindici sento di uomini che lavorano a migliaia di chilometri lontani da casa, lasciando per mesi e mesi le loro mogli o compagne, per poter tornare poi con alcuni risparmi di stipendio e magari ripartire dopo qualche tempo fino all’avvento dell’agognata pensione. Quanto nobile questo processo? Molto, se non fosse che in questi periodi di allontanamento a quanto pare la maggior parte, se non tutti, i lavoratori fuori porta si dedicano a tresche, vite parallele, avventure. Chiamatele come vi pare. Tradimenti che alla fine sono sempre corna. Punto.
Non c’è da meravigliarsi, mi suggeriscono le vecchie letture scolastiche. Nella nostra cultura, in fin dei conti, il tradimento non è un po’ alla base di tutto? Troia, la ridente città, veniva distrutta a causa di Paride e di quell’Elena voluta da tutti. Re Artù è stato tradito da Ginevra, Shakespeare ci regala adulteri in ogni dove, ma in generale la letteratura pullula di storie basate sull’adulterio, che di tutti i tradimenti è quello ormai concepito come quello “meno importante”, quanto accettato e scontato.
Ma il tradimento, non solo quello degli amanti, quello che lascia segni indelebili su quella parte di corpo umano che viene ridotta in mille pezzi sin dall’infanzia – il cuore – come può essere ignorato? Dante ci aveva persino creato un cerchio tutto suo, all’Inferno, dedicato al tradimento della fiducia, dove ci si trova Giuda, il traditore, colui che ha preso le sembianze umane dell’atto – se così vogliamo chiamarlo – di chi è talmente vile e meschino da non riuscire a rimanere integro per tutta la vita.
A nulla serve il definirlo un reato. La legge italiana ha una sezione dedicata ai Delitti contro la Personalità dello Stato. E il delitto contro la personalità individuale? Quando riponi tutta la tua fiducia nelle mani di un altro essere umano, e questi la prende e la fa in mille tocchetti un po’ per incapacità e un po’ per inettitudine, come si fa? Chi paga? Può essere un uomo nei confronti di una donna e viceversa, per carità, come può succedere tra amici, conoscenti, parenti e addirittura tra genitori e figli. Il tradimento è ovunque e checché se ne dica, nato o meno dal bellissimo Lucifero e la sua sete di onnipotenza, fa parte della natura umana, e come il male è utile per distinguerlo dal bene, così questo è necessario per allontanare chi lo adopera e avvicinarsi a chi è fedele. Sembra però che la razza umana sia incompatibile con la concezione di fedeltà continua, infinita. Come riconosce il tradimento allora? Perché l’essere umano tradisce? Per cercare qualcosa di nuovo? Per giocare? Per ritornare all’incipit della nostra digressione – per avvicinarsi a quella sana follia che lo renderebbe valevole di essere al mondo? E poi cosa o chi si vuole tradire? La persona che hai a casa ad attenderti, o il sentimento che credi di provare e poi invece chissà? O è solo l’idea, che magari fa sentire attanagliati, costretti, impediti e non liberi di fare ciò che si vuole? Chi mi risponde?
Se si cerca un senso, io personalmente, credo non esista, e nemmeno che si possa dare, nonostante addirittura i generi letterari vengano plasmati sul tema della narrativa del tradimento, perché spunto di riflessione, di ricerca, per rappresentare la realtà dei fatti o realtà altre che devono essere esplorate. Per arrivare a concludere cosa? Che non c’è nulla di corretto nel tradimento, non c’è ricerca, non c’è espiazione. Era ovvio, no? A costo di essere messa alla gogna, qualsiasi sia la motivazione – se motivazione può esistere – del tradimento, per me resta solo un atto fine a se stesso, gretto e inutile, che mostra chi lo compie per ciò che è e sarà sempre, perché come un amico mi disse una volta in inglese: once a cheater, always a cheater. Perché chi tradisce, dalla fiducia alla persona, sarà sempre macchiato di un’onta che non può essere lavata via. Si impara solo a conviverci, soprattutto nel nostro sistema di cose odierno che ormai lascia passare tutto, anzi, fa sentire degli outsider coloro che ancora restano aggrappati a valori e a “concetti primitivi” come fedeltà, amore incondizionato e amicizia leale e infinita.
Ho odiato Kundera, ne L’Insostenibile leggerezza dell’essere, quando scriveva che tradire era uscire dall’ordinario e cercare l’ignoto, – o qualcosa di simile, a ricordo da traduzione scolastica – perché ciò che egli aveva definito era qualcosa di altro. Posso cercare nuovi orizzonti senza essermi precedentemente impegnata con qualcuno o qualcosa che per qualche strana ragione mi faccia sentire in pace con me stessa e con l’anima; allora perché molte altre persone invece se ne fregano, e tradiscono come se non ci fosse un domani? Come se il loro pane quotidiano fosse impastato di infedeltà? E si badi bene al fatto che può essere il tradimento della parola data, il tradire una promessa, il rivelare un segreto, il violare un limite non consentito… Non è solo questione di andare a letto con qualcun altro. E’ questione del mettersi nei panni dell’altro, di provare ad immaginare come ci si senta ad essere dall’altra parte. La parte che viene violata.
Chi viene tradito, e non me ne vogliano coloro che tradiscono, viene violentato. Viene violata la loro fiducia, il loro aprirsi alle esperienze nuove, diverse, vengono distrutte le sicurezze ma anche le insicurezze, viene sconvolto totalmente il mondo di chi viene tradito nel profondo, e non per forza perché il marito o la moglie gli ha fatto le corna. La disperazione del tradito è tragica. Il dolore di chi viene tradito può portare alla follia. C’è chi viene tradito ripetutamente dagli esseri umani per come sono, dalla società in cui vive, perché aveva riposto nell’umanità la completa fiducia, la speranza di un riscatto… Invece si ritrova tradito dai suoi stessi simili, tanto che si sente diverso, tagliato fuori, e che agli occhi dei restanti “normali”, è il capro espiatorio. Chi viene tradito perde se stesso alla ricerca di qualcuno che non lo tradisca (più) ed è proprio mentre ci si perde che senza aspettarcelo arriva la possibilità di ritrovare la parte di noi che si credeva perduta. Se non vieni tradita non sai cosa cercare, perché in un mondo di traditori tutti sembrano fedeli fino a quando non ti ci trovi dentro, immersa fino al collo. E allora come ogni volta in cui qualcuno, distruggendoti ti rende più forte – grazie Nietzsche per la citazione – arriva anche chi tradendoti ti rende più fedele. Più forte. Migliore.