Altre considerazioni sulla Vicenda Turca
Continuano senza soste le considerazioni sulla vicenda turca. Più o meno tutte si soffermano sulla idea di libertà, di giustizia, di democrazia. Oppure sul futuro dei rapporti con l’Europa, con la Nato. In sostanza su questioni, diciamo, di politica estera. E va bene così, perché sono fatti che poi ricadono, spesso non in modo percepibile, su tutti noi.
Ma c’è una piccola analisi che si può aggiungere, e che non vale solo per il fallito colpo di Stato e la reazione del presidente Erdogan, ma che ha un valore per chiunque si comporti nello stesso modo. Poche ore dopo il fallimento del colpo di Stato, già erano stati rimossi oltre 25mila giudici e migliaia di militari. Nei giorni successivi è toccato lo stesso trattamento a 35mila dipendenti pubblici, soprattutto professori universitari, rettori e perfino giudici costituzionali.
Senza dimenticare ovviamente mezzi di informazione e giornalisti, con organi di stampa vuotati dei redattori e riempiti con persone di fiducia. Questo atteggiamento ci dice che si fa pulizia dei “traditori”. Appare difficile che a questo complotto aderissero quasi 60mila persone e che la responsabilità di ognuna sia stata accertata in pochi giorni.
Ma il punto è un altro.
Un giudice, un professore universitario, un militare di grado elevato, un giornalista o ogni altro professionista non si forma in qualche mese, ma in decenni. Tutto questo significa decapitare non gli oppositori, ma il proprio Stato. Ovviamente gli epurati saranno sostituiti. Ma non con altri di qualità equivalente. Occorre soprattutto che siano fedeli e obbedienti.
E, come è noto, queste caratteristiche non albergano nei cervelli migliori. È il senso critico che fa vivere in democrazia e realizza un benessere crescente. Il mutismo e l’ossequio favoriscono i peggiori, le schiene curve per vocazione o mestiere. Quindi la Turchia sarà presto più povera in ogni senso. Vi regnerà il silenzio. Mentre dove la vita è migliore è il caos organizzato a regnare, è il confronto, il litigio, il contrasto, lo scontro. Quando si invoca l’ordine come bene supremo, allora un popolo dovrà soffrire. Anche se quasi mai se ne accorge sul momento.