Giovanni Bordoni, il fu Caterina Vizzani
Mesi fa, per caso, ho conosciuto la figura di Caterina Vizzani grazie alla giornalista Maria Teresa Carbone, che mi ha parlato del saggio di Marzio Barbagli. Qualche tempo dopo, ecco che leggo del nuovo romanzo di Simona Baldelli proprio su Caterina: “La vita a rovescio”. Il libro di Barbagli non lo comprai, per quanto la storia della giovane ragazza vestita da uomo mi avesse affascinato. Quando però ho saputo che la sua vicenda aveva preso vita in un romanzo, non ho potuto fare a meno di leggerla.
Scritto in una prosa appassionata e appassionante, “La vita a rovescio” è uno di quei romanzi costruiti sulla delicatezza dei particolari. Chi prende in mano il libro sa già a grandi linee la trama e non si aspetta colpi di scena in una storia che narra di un personaggio realmente esistito: il lettore ha già qualche aspettativa di fronte a un romanzo che parla di una ragazza che, nel Settecento, sceglie di continuare la sua vita sotto le mentite spoglie di un uomo, spinta da amore e libertà. Proprio per questo la lode va alla fantasia che ha accompagnato Simona Baldelli in questo viaggio all’indietro nei secoli, emozionando il lettore con la storia di Caterina e Margherita, ma ancor prima con quella di Bradamante e Rosaspina, con le letture illecite e proibite, con le identità nascoste, i baci sottratti illegalmente e la scoperta segretissima che anche due donne possono fare l’amore e che spesso, come testimoniano vari personaggi nel romanzo, lo fanno meglio degli uomini.
Di seguito riporto l’intervista che ho fatto all’autrice del romanzo, invitando a riflettere soprattutto sull’idea di potere su cui dà il suo parere: non è il potere ad essere maschile nel senso stretto di “legato all’uomo”, ma al contrario è l’uomo ad averlo sempre detenuto e quindi ad averci portato a questo collegamento sommario e inconscio. Come dice la Baldelli, infatti, ci sono anche donne che, una volta preso in mano il potere, non ne hanno saputo fare buon uso, come anche uomini che invece si sono mostrati capaci di usarlo per un bene comune. Il problema di fondo, ovviamente, è quanto questo potere rappresenta chi. E, non serve dirlo, il romanzo di Simona Baldelli parla proprio di questo, facendo rimbalzare le immagini di ieri nella quotidianità di oggi.
- Partiamo dall’idea. Come sei venuta a conoscenza della storia di Caterina? Perché hai deciso di raccontarla?
Caterina l’ho conosciuta grazie ad una mia amica, Tiziana Magone, redattrice de L’Indice dei Libri, di Torino. Ero sua ospite in occasione del Salone 2014. Mi consegnò un saggio edito da Il Mulino, di Marzio Barbagli: “Storia di Caterina che per ott’anni vestì da uomo”. «Leggilo, è una storia pazzesca» mi disse. E aveva ragione. Scorrere le prime pagine e decidere di trarne un romanzo fu una scelta immediata e, in qualche modo, obbligata. Era davvero una storia magnifica, anzi, “la storia più bella del mondo”, come dissi in casa editrice. Come potevo non scriverla? Credo che un autore -ma anche un regista, un musicista- abbia una sorta di dovere verso chi lo segue. Se sei depositario di qualcosa che può interessare, divertire, migliorare, colpire, o in qualche modo cambiare la sua percezione delle cose, hai la responsabilità di raccontargliela.
2. Come è stato immaginare Roma, la città in cui vivi, così come era nel passato?
Alcune suggestioni ho cercato di ricavarle da testi storici e documenti d’epoca, film ambientati in quell’epoca (abbiamo i migliori costumisti, scenografi e attrezzisti del mondo, con preparazioni serie e certificate), il resto l’ha fatto la fantasia. Ma fino a un certo punto. Scrivere un romanzo storico (e io ritengo La vita a rovescio, un romanzo “falsamente storico”, pur trattando personaggi realmente esistiti e vicende realmente accadute) serve a raccontare il presente. Specialmente se tratta di argomenti in qualche modo di attualità. I temi che io tocco nel romanzo -l’identità di genere, la discriminazione, pari opportunità e gestione del potere- sono tutt’ora rilevanti. Fare un passo indietro nel tempo mi serve per misurare, da allora ad oggi, quanta strada abbiamo fatto a proposito di quei temi. Anche per quanto riguarda i problemi di urbanistica che descrivo, di sporcizia, di lavori pubblici iniziati e mai conclusi…Ecco, mi è bastato affacciarmi dalla finestra.
3. Come hai congiunto i dati biografici raccolti con la finzione narrativa? (Voglio dire, la responsabilità di restare fedele a quello che poteva davvero essere il carattere di Caterina ti ha vincolato a livello creativo?)
Questo è il secondo romanzo che scrivo ispirato a fatti storici, documentati. Io procedo preparando due scalette; una riguarda le vicende personali dei personaggi, l’altra riguarda la cronologia degli eventi del periodo che narro (guerre, scoperte, epidemie…). In fase di scrittura si tratta di procedere di pari passo, incrociando i dati, contestualizzando gli accadimenti, per dare veridicità anche ai passaggi di invenzione dell’autore. Certo, il vincolo con la “Storia” è grande e reale, ma anche stimolante. Mi piace avere dei paletti, affrontare la sfida che ti propone la realtà. È stimolante dover sottostare a regole, obblighi, per far quadrare i conti.
4. Caterina è una donna che urla, che ama lavorare in un’epoca in cui le donne tacciono e vanno a messa. Cosa significava essere donna ai suoi tempi? Cosa significa oggi?
La storia dell’emancipazione delle donne è piuttosto ondivaga. Certamente le donne dell’antica Roma godevano di libertà impensabili nel Medioevo, così come possiamo che negli anni ’30 erano più evolute di quanto non lo fossero le loro figlie negli anni ’50. Così come dicevo poc’anzi, la storia di Caterina mi è servita per raccontare le donne di oggi: questioni come differenze di opportunità, salario, occupazione professionale, rappresentanza politica, violenze subite…Inoltre, anche dal punto di vista della “morale comune”, mi pare che abbiamo fatto grandi passi indietro, rimettendo in discussione alcune conquiste ottenute nelle decadi passate.
5. Durante le ultime olimpiadi, ma non solo, alcune donne sono state discriminate perché, per il loro alto tasso di testosterone, risultavano avvantaggiate rispetto alle altre nell’ottenere buone prestazioni. Caterina vive qualcosa di simile. È un mondo in cui la donna e la forza, il potere, non sono fatti per coesistere?
Io parlo molto, in “La vita a rovescio”, di gestione del potere. Avanzo l’ipotesi che non ci sia un diverso modo di gestirlo, da parte di uomini e donne. Cerco di spiegarmi meglio facendo un esempio di donna “di potere” piuttosto vicina ai giorni nostri ma che non ha a che fare con la stretta cronaca quotidiana per non incorrere in inutili polemiche: Margaret Thatcher. A me non è sembrato di riscontrare nel suo operato un diverso atteggiamento o una maggiore attenzione verso i deboli del suo predecessore Callaghan, o il successore, Major. Quello che intendo è che, forse, è il potere stesso ad avere caratteristiche che noi definiamo “maschili” (e, d’altra parte, in epoca moderna, abbiamo sempre visto il potere gestito da uomini), fatte di arroganza, prevaricazione, mancanza di empatia. D’altronde, nei pochi casi in cui un uomo non esercita queste caratteristiche, lo definiamo “una femminuccia” e lo riteniamo inadatto a posizioni di comando. Siamo tutti vittime di luoghi comuni.
A proposito delle Olimpiadi, dove si deve misurare il valore fisico e sportivo dell’atleta, credo che un diverso tasso di ormoni influisca molto sulla prestazione. Non per niente, l’uso di sostanze che ne modifichino la produzione è vietato. Quindi, dal punto di vista della competizione, tipica delle gare sportive, mi sembra che vi sia una possibile alterazione del risultato. Il problema grande, a mio parere, è che vige tutt’ora un modo troppo semplicistico e poco veritiero di affrontare la questione: o maschi, o femmine. Quando, e per fortuna cominciano a dirlo anche organizzazioni sanitarie e mediche, vi sono infinite sfumature. Mi pare proprio che, in occasione delle Olimpiadi di Rio, si sia cominciato ad affrontare il problema, ovvero a pensare, per il futuro, delle categorie che tengano conto delle caratteristiche dell’atleta e non semplicemente dell’iscrizione all’anagrafe.
6. Il ciclo mestruale, nel romanzo, rende la donna “immonda”. Ancora oggi, però, le mestruazioni sono tabù e addirittura in Italia gli assorbenti sono tassati al 22%, al pari di un bene NON essenziale. Se dovessimo commentare tutto ciò…?
Uno dei tanti luoghi comuni che dovremmo sfatare. Perché a giudicare dalla poca o errata comunicazione sull’argomento pare davvero che, nel periodo mestruale, le donne diventino o isteriche o inadatte a compiere qualsiasi azione. Per non parlare delle ridicole pubblicità in cui una donna mestruata deve buttarsi col paracadute, o usare gli assorbenti per profumare i vagoni ferroviari, oppure, in caso di perdite, deve per forza rimanere in mutande negli ascensori. E, per quanto vi sia disparità lavorativa fra uomini e donne, mi rifiuto di pensare che, in quelle aziende, in quelle agenzie di creativi in cui si progettano campagne di comunicazione, non vi sia nemmeno una, dico una, teste femminile. E per quel che riguarda l’Iva relativa al prodotto, che vuoi che ti dica? L’unica volta in cui un deputato (maschio!) ha presentato un’interrogazione parlamentare sull’argomento, è stato sberleffato a destra e manca (molte donne incluse). E non posso non notare che, per quanto poche, abbiamo anche donne al governo. Ti risulta che si stiano spendendo per azioni governative volte a pianare le tante, troppe, disparità? Torno a ciò che dicevo precedentemente: non mi sembra vi sia una diversa maniera di gestire il potere, fra uomini e donne. se ci mettiamo poi che, fin da bambine, veniamo cresciute con il preciso intento di “compiacere”, stiamo fresche.
7. Caterina è brutta, sfigurata dal vaiolo, povera: tutto ciò sembra essere un problema solo finché si presenta come donna. È giusto dedurre dal tuo romanzo che la bruttezza è un lusso ad appannaggio esclusivo degli uomini?
Non sarei così drastica. Diciamo che, anche con l’aiuto delle donne, si è sempre trovato il modo di volgere al meglio i difetti maschili: il fascino della tempia brizzolata, uomo di panza uomo di sostanza… e altre perle di saggezza popolare. Facci caso, però, anche in questo caso valgono solo se associate a uomini di potere. Ad un attempato, grasso, sfatto, arrogante miliardario, si perdona tutto (e lo si continua a trovare affascinante), ma prova a mettere queste caratteristiche addosso ad un anziano disoccupato o a un operaio alla catena di montaggio…
Certi che le risposte di Simona Baldelli abbiano arricchito di spunti la vostra giornata, vi salutiamo esortandovi a leggere “La vita a rovescio”!