Ricordi che non sono lei
I ricordi sono come rami leggiadri, inclini a inarcarsi al passare del vento. Inspiro e traccio un passo. Espiro e interrogo il silenzio che taglia il mondo in forme spigolose. Un combattimento tra ragionevolezza e oblio aggrava il mio stato mentale. Non basta il dolore attuale. Ora ci si mette pure la coscienza.
Mio malgrado, mi costringo a rivedere il caschetto ostinato di lei, il fantasma curato del suo volto e il colletto in raso della sua camicia. Non mi guarda negli occhi, provo a gridare, ma il mio pare fiato sprecato. Non ci sono motivi plausibili.
Anzi, pare che io e lei apparteniamo a piani che solo per coincidenza si sono incrociati.
Anzi, pare che io e lei apparteniamo a piani che solo per coincidenza si sono incrociati. Questa anomalia ha un peso preciso. La sua voce non mi pare persuasiva e con note vivaci, ma si ritrae dentro l’accenno di una smorfia di alterigia.
Sento il freddo farsi spazio fra le dita delle mani.
Non posso credere che fosse qui, pochi istanti prima di vedere la luce del lampione proiettare un’ombra che acconsente a beffarsi delle mie illusioni amorose. Come se l’intera folla di scene che vivo da mesi fossero note al mondo immanente e materiale che pulsa attorno alla mia panchina.
Possibile che sia ancora lui? Intanto la camicia di raso non la indosso spesso. Si tratta solo di un abito che si gongola di poter associare al mio volto…curato. Solo per farmi somigliare a una creatura diafana ed eterea, nella quale peraltro non mi riconosco. A dire il vero, questo tale lo vidi di sfuggita, una notte in cui avevo litigato con mamma e con il mio quasi marito. Voi attribuirete alla mia essenza il nome di fantasma, ma sono tutt’altro nella vita. Solo che il tale si convinse che fossi la proiezione della sua fantasia. Una chimera! Per me fu una scelta vantaggiosa, ma credo di dovergli qualche spiegazione. Del resto, potrei mai sussurrargli che sono una donna in carne e ossa senza rischiare di procurargli uno shock emotivo che altererebbe il suo fragile equilibrio?
La sua debolezza lo induce a fantasticare per molte ore della notte. Gli mostra una me che non esiste. E gli permette di mettere a tacere le sue incombenze quotidiane. Salvo lasciarlo vivere (o per meglio dire, subire) il ciclico ripetersi dei suoi avvistamenti notturni, che il giorno risciacqua con i suoi lumi imposti e con dissennati dubbi.