Una tazza di tè
Vai per la tua strada, io per la mia! Questo mi hai urlato per le scale stamattina.
Pensavo ne percorressimo una insieme. Mi sbagliavo. Mi sbagliavo quando hai fermato l’auto e sei sceso, lasciandomi come una bambola dentro una vetrina di metallo.
Ho impiegato qualche minuto poi mi sono spostata alla guida, ho messo in moto e cominciato a cercarti per strada. Quando ti ho visto ho tirato dritto. Cosa faccio? Tampono qualcuno? distruggo l’auto? No, sono rientrata a casa con la vista un po’ offuscata, e quella vena che mi pulsa sulla tempia, dovrò farmi controllare prima o poi. Il tè non lo faccio più come una volta, niente bollitore, acqua dal rubinetto, tempo di infusione, zollette candide e biscotti al burro.
La tazza è quella del latte, il microonde è rapido, cancerogeno, il tè a me piace leggero, acqua sporca, i biscotti sono molli, hanno perso fragranza, si sono imbruttiti.
Con la mano lo trattenni,
ne tratteggiai i contorni e il centro
con il polso asciugai il sudore
perchè restasse un segreto
Nel buio è il rumore di un bacio
il sigillo,
il fluire tra le cosce e un morso sul labbro
Il respiro è pesante perchè il sesso è urgenza
ma l’amore è dominio
Si fa con le mani che rivendicano uno spazio
e afferrano l’assenza
è questo il segnale che sta in bilico
e scrivo e racconto e conto i giorni
e il vuoto e il freddo del lenzuolo
e i fondi bruni di una tazza
incapace di leggere i segni.