Non ti ho mai portata al mare
C’è un po’ di traffico stasera, ma tranquilla che arriveremo presto. Tu intanto perché non ti affacci al finestrino? Ho aperto quello dietro, giusto quel tanto, e di solito non aspettavi altro, o forse non ti sei ancora accorta? Dai, due zampe sul bracciolo e muso fuori controvento, come abitualmente fai.
Ma ti ricordi quei turisti – dici che fossero francesi? – fermi accanto a noi col rosso, a questo stesso incrocio e proprio come adesso, che ci chiesero con quel loro accento di zucchero filato il permesso di fotografarti, affacciata mentre li guardavi. Il permesso! E sì, dovevano essere per forza francesi. Ma non mi hai mai confessato se un po’ ti ci eri messa in posa.
Eh mia cara, ti conosco ormai da un pezzo, e so bene che quando vuoi mi ci diventi vanitosa. S’intende che ne avresti tutte le ragioni, dopotutto sei una femmina e con la gente che si gira per guardarti mi sembra naturale che tu ancheggi più del solito, col quel tuo procedere un po’ come sui trampoli, coda a ricciolo all’insù, testa alta come a una parata, come a una sfilata a cui comunque non ti ho mai portata.
Al mare… ma certo al mare!
Ma mi ascolti?
A volte mi pare di parlar da solo quando discorriamo.
Te ne stai ferma, sdraiata su quel fianco come in questi giorni a casa, mettici anche qualche guaito inaspettato, per me che ignoro, senza un apparente motivo, che mangi poco… oggi non hai proprio toccato cibo.
Ma come? Quando sei arrivata a casa nostra andavi quatta quatta che mi sembravi un gatto ad addentarti pure il muschio dal vaso della pianta finta nell’ingresso, e poi una volta al parco, avrai forse avuto due, due anni e mezzo, in un momento solo di distrazione mia, hai ingoiato un fuso di pollo tutto intero, che qualcuno aveva abbandonato sotto il cestino dei rifiuti, anche se ho tentato in tutti i modi di strappartelo dai denti.
E l’ansia, e la vergogna che mi presero quando quella coppia con barboncino a seguito mi premonì che il tuo destino era ormai segnato, che non c’era ormai più nulla che si potesse fare, che tempo un giorno saresti stata stecchita morta per via dell’osso che stavi triturando senza vergogna e senza nessun senso di colpa, cosa che invece provavo io, con gli occhi bassi, mentre mi parlavano con quel loro fermo tono che per me costituì il peggior rimprovero mai avuto; e comunque non t’è venuto neanche il più lieve mal di stomaco né un minimo accenno di inappetenza che potesse fare sospettare qualche guaio.
Inoltre, adesso che ci penso, non mi hai mai voluto dire se quella coscia fosse arrosto oppure in umido perché io non sono arrivato neanche a capirlo: l’avremmo magari cucinata a casa, naturalmente togliendo l’osso prima di servirtelo.
Eccoci arrivati, vedi Nina? Il dottore già ci aspetta sulla porta.
E adesso mettiamoci tranquilli, non ti ho promesso di portarti al mare questo autunno?