Il Covid che sarà
Il nostro istinto di sopravvivenza è sempre in azione. Siamo vivi solo perché quello funziona, anche senza la nostra volontà razionale. E qualunque sia la condizione nella quale siamo immersi, l’obiettivo è galleggiare, almeno col naso fuori per prendere l’aria. E così facendo, le scale dei valori, degli interessi, dei giudizi, delle attese si modificano rendendoci più adatti alla sopravvivenza, non solo fisica ma anche psicologica, in quel contesto. Stalin, con lucido cinismo, osservò che la morte di un uomo è una tragedia. Ma la morte di un milione di uomini è una statistica. Tragicamente sottile.
Noi stiamo assistendo a delle statistiche. Quando tutto questo mondo sottosopra fece la sua comparsa un anno fa, eravamo allibiti. Tanto che altissima era la tentazione di negare, di fare confronti con situazioni assolutamente diverse pur di sminuire l’impatto psicologico che gli eventi imprimevano sulla nostra psiche.
Ma lentamente, nel tempo, abbiamo cominciato a seguire i numeri: non le vicende umane, troppo complesse, troppo diversificate, troppo tristi. Statistiche, quindi, meno opprimenti delle sorti umane. Per di più ci siamo pure compiaciuti di capirle (almeno lo crediamo speranzosi), complice un rendiconto quotidiano nel quale le sofferenze umane si sommano in modo quantitativo, e non certo qualitativo. Con commenti anche involontariamente glaciali: “Però i morti di oggi sono molto meno di ieri. Meno male…”, “Comunque, hai visto?, la media è sopra gli ottanta”, “ Ma purtroppo la media degli infettati sta scendendo”. Statistiche. Certo che se a queste statistiche diamo una sostanza, allora la pietà torna stupita e profonda: i camion militari carichi di bare a Bergamo restano una immagine perenne. Ma il resto è numero, percentuale, comparazione, un continuo guardare la curva sperando che declini, insieme al nostro rischio.
la morte di un uomo è una tragedia. Ma la morte di un milione di uomini è una statistica.
Più difficile è capire, prevedere come reagiremo, per dirla con gli economisti, a medio e lungo termine. Quale sarà il nostro livello di fiducia? Non tanto quella verso le istituzioni o la sanità, quanto quella reciproca. Che cosa sarà uno starnuto? O una stretta di mano? Abbiamo passati gli ultimi anni osservando il dilagare dei saluti in forma di doppio bacio sulla guancia, qualunque fosse la datazione della conoscenza (a partire da pochi minuti). E dopo? Saremo tutti e sempre degli untori presunti? Oppure la gioia della fine del male invisibile provocherà una esplosione di gesti e comportamenti di fratellanza fisica? Vedersi, guardarsi a viso aperto, in uno tsunami di goccioline liberate e liberatorie?
Solo elucubrazioni, fantasie in cerca di un futuro meno grigio, perché ricordiamo e impariamo il passato, ma la nostra vita è sempre il futuro. Finché per fortuna ne abbiamo uno.
foto di Andrea Piacquadio da Pexels