Resilienza e luoghi comuni
I luoghi comuni, diciamolo, sono pessimamente frequentati. Ci si incontrano brutti discorsi, pessime idee, banalità imperanti. Eppure continuano a essere frequentatissimi. Gente di ogni età che scivola veloce tra uno e l’altro. Sempre con l’aria di chi ha avuto una illuminazione, e si possa permettere una parola definitiva. Come spesso accade, una parola colta può dare migliore stima e considerazione. Se invece di indicare luoghi comuni, noi ci riferiamo a dei “topos” (che non è un anglicismo per “sorci”) ecco che il tono cambia, sebbene voglia dire la stessa cosa in greco. In questi tempi di pandemia ne abbiamo accumulati diversi, che assurgono anche al livello di tormentone, di petulante presenza in ogni argomentazione.
Come spesso accade, una parola colta può dare migliore stima e considerazione
Tralasciando quella congerie di banalità terminologiche d’oltreoceano, quasi che l’italiano fosse una lingua da qualche centinaio di parole, senza possibilità di esprimersi col proprio lessico. D’altra parte, in passato, abbiamo pure avuto il ministero del welfare.
Diverte l’idea che qualcuno si sia pure preoccupato di capire quali fossero i luoghi comuni meno sopportati dagli italiani e, quindi presumibilmente, anche i più diffusi. In cima a tutti, primeggia: “non è il caldo, ma l’umido che ti colpisce”. Il meteo, in questo campo è difficile da sconfiggere. Ma subito dopo un po’ di sano antifemminismo si piazza in bella vista: “le donne non sanno parcheggiare… né guidare”. Durissimo a morire. Modesto baluardo di un superiorità presunta che svanisce di giorno in giorno.
Ne seguono altri, tipo “sarà la primavera”, acuta diagnosi per ogni malanno da marzo a giugno, resa senza l’inutile parere di un medico. In bella evidenza il più classico dei “topos” funerari: “era tanto una brava persona”, un rimpianto per il rio destino. Di solito a questa affermazione si risponde annuendo muti. Accanto troviamo un’altra dichiarazione, imparentata alle precedente, ma con una sapore statistico: “sono sempre i migliori che se ne vanno”. Il che spiegherebbe il degrado del mondo che lascia andare quelli e trattiene i peggiori. Nel gruppo di testa ce n’è uno di “scottante attualità”: “c’è la crisi ma i ristoranti sono pieni”, sostenuto anche da personaggi politici molto noti e ciarlieri. E, buono per questa stagione, abbiamo anche “si stava meglio quando si stava peggio”. Anche se purtroppo nessuno indica quando si verificarono questi tempi desiderabili. E chi non si è sentito dire, anzi sentito dire ai genitori, “è intelligente ma non si applica”. In fondo una ingiuria mistificata da elogio. In coda al nucleo che primeggia c’è un altro classico di ogni tempo: “l’amore è cieco”.
Si potrebbe andare avanti a lungo. Ma si deve rispetto al lettore paziente.