Esercizio letterario
Il rito iniziava con un breve, tiepido silenzio fatto di sguardi, incrocio di mani e gambe accavallate
Da un po’ di tempo occupavano sempre lo stesso posto, accanto alla grande vetrata che affacciava sulla piazza più caotica della città, ma da cui si scorgeva l’unico albero e l’unica panchina dipinta di un verde-arrugginito. Una microarea verde, in mezzo al brusìo, allo smog e all’inferno di metallo che li circondava. L’unico spazio fermo al centro del caos, pensavano all’unisono.
Chi arrivava per primo si accomodava, velocemente, mentre l’altro, velocemente, stava in fila con il vassoio rosso da condividere. Il rito iniziava con un breve, tiepido silenzio fatto di sguardi, incrocio di mani e gambe accavallate sotto il muretto che li divideva. Stop. Meglio essere veloci, quando la pietanza si fredda non è più buona.
Ed allora le parole sgorgavano come da una fonte di montagna, come acqua da bere, fresca in mezzo all’arsura.
Si dilettavano a individuare trame di parole nuove e desuete, a scandagliare ortografie di un lessico amico, costruivano periodi impegnati.
Alice – Quasi, la parola più lunga del dizionario
Benny – La nostra esistenza si regge sul quasi. Tutto è quasi qualcosa.
Alice – Meno male, è la frase attorno a cui gira la nostra quotidianità.
Benny – E’ proprio vero. Siamo qui per raccogliere e poter raccontare.
Alice- Sì, ma quanta fatica e che disperazione!
Benny – Siamo come canne al vento. Chi era, Deledda?
Alice – Ci pieghiamo dolcemente alle folate impetuose che arrivano da ogni direzione. Siamo mossi da venti interiori, alisei nascosti e impercettibili, che pure ci sollevano le vesti.
Benny – Immagina se solo si potessero sentire, ascoltare. Io ogni tanto li cerco, non so stare senza vento.
Alice – Lo so, sei un naufrago atipico. Anziché cercare l’onda perfetta, il mare calmo e il vento del sud, ho l’impressione che tu debba soffrire, per poter sentire.
Benny – Hai mai riflettuto sulla esse?
Alice – La lettera, dico, la consonante?
Benny – Sì, proprio lei. In un esercizio simbolista la immaginerei gialla, rossa, viola e indaco; tutti i colori dell’arcobaleno. La esse è: serena, sapore, sogno, suono, sesso, storie…
Alice – sale, sasso, sofferenza, solitudine…
Benny – sempre, spero, stupore… stop.
Alice – Uno a zero. Stento a credere che si possa concludere con un vincitore, questa tenzone all’ultima esse!
Benny – Allora ti arrendi sulla mie esse?
Alice -Beh, diciamo che superi sempre la fantasia, quando si tratta di uscire dalla strada maestra. Hai forse paura di scoprire la mèta dei tuoi binari? O piuttosto che i binari non abbiano una mèta? È ora di andare, e pure velocemente!
Ad un’ora precisa, sempre la stessa, si allontanavano salutandosi, velocemente. Il caffè no, entrambi pensavano che berlo richieda lentezza, cura, passione. Di allitterazioni con la lettera esse continuavano a farne anche senza saperlo.
Le ore passavano lentamente e si spostavano da una stanza all’altra, come dovessero ingannare qualcuno, come se qualcuno li seguisse. In realtà inseguivano l’unica cosa che li riportava alla realtà: un orologio che suonava a momenti precisi, sempre gli stessi, come a sancire l’inizio o la fine di qualcosa.
Loro erano gli unici consapevoli del loro campanello interiore, le sole persone a capire che forse quel tintinnio indicava l’inizio della storia. Di una storia.
Ancora la dannata lettera esse che faceva la sua comparsa negli scritti, sui loro taccuini rosso e nero. Tutto era cominciato, nemmeno gli stop e la velocità delle loro consumazioni in quel caotico bar del centro, riusciva a far finire ciò che era cominciato.
Quel posto così usuale, giornaliero, sconfinato, anonimo e colorato sembrava proprio la loro casa. Di quelle che prendi in affitto per un po’. Di quelle da sogno, che si affacciano sul mare o sul lago. Di quelle che prendi in prestito da un amico, che te l’ha concessa, perché pur di averla hai finto di avere un incontro veloce. Di quelle che restano chiuse per mesi con la puzza di muffa che impregna tutto, perché tu vivi lontano, in un posto che non affaccia sul mare.
Alice- Ed anche per oggi è tutto (…)
(continua domani)