Furto 20 – Madre
Mia madre è nata sotto il segno dell’eleganza, ma non quella che normalmente viene intesa, fatta di abbellimenti, marche, ricercatezza fine a se stessa, apparenza.
Mia madre è nata sotto il segno dell’umiltà, l’eleganza della gente comune.
Alcune vite filano via lisce senza intoppi, trovando magari piccoli ostacoli superabili, piccoli arresti di facile ripartenza. Ci sono vite poi che per diventare vite devono fare la gavetta, come se il copione fosse stato scritto da una mano nemica, da una matita che continuamente cancella e ridisegna, cancella e ridisegna, lasciando tracce millimetriche sotto le nuove.
Quando si nasce in una famiglia che fa figli perché è la natura che lo impone, si rischia di essere allevati senza essere cresciuti, si finisce con il non aver cura della cura, perdendo il proprio nome e divenendo la figlia numero duedicinque.
Mia madre, nel lungo percorso dei primi dodici anni di esistenza, ha vissuto l’esperienza del collegio, fatto di monache vestite con gli stessi abiti, alcune con al collo il rosario dell’arroganza e del cinismo, altre quello dell’umanità.
Mi racconta che da piccola era una pallina pazza di quelle che si trovano nelle macchine a gettoni, un concentrato di velocità e monelleria, qualità che dentro un collegio devono rimanere chiuse nell’armadio, assieme alle voglie e alle passioni.
Non ricorda più le manate in faccia prese, fortunatamente alcuni ricordi vanno in archivio nell’angolo del cuore delle cose da dimenticare.
Ha impressi però alcuni fotogrammi chiarissimi, che come i negativi delle vecchie macchine fotografiche vanno visti attraverso spiragli di luce.
Ricorda come il funerale di uno sconosciuto diventava luogo per racimolare qualche spiccio da dover poi consegnare alle monache. Lì si piangeva, ma si piangeva per finta, che lei e le altre bambine erano le orfanelle del collegio, anche se i genitori erano bell’e che vivi.
Ricorda che si andava a lumache. E mica per giocarci, ma per cacciarle e cucinarle.
Ricorda che ogni giorno si andava nel giardino del collegio per la merenda, momento traumatico, perché le suore distribuivano del pane duro e della cioccolata al gusto d’arancia cucinata con un ingrediente magico: il disgusto.
Lei, in mezzo al cortile, passava il tempo a distribuirlo pezzo dopo pezzo alle compagne, fra un conato di vomito e un sussulto per l’ansia di essere scoperta.
Ricorda il giorno delle visite dei parenti, giorno di festa, giorno di emozioni buone, e mia madre assieme alle sue sorelle sgattaiolava su nella minuscola terrazza per seguire con gli occhi la salita dei genitori fin dalla mattina, il momento in cui si aveva la facoltà di sentirsi per un attimo figlie e non più sole.
Sua madre portava anche qualche piccolo regalo, fichi secchi, biscotti, un po’ di pane, che puntualmente veniva fatto sparire per mano di qualche monaca, che le bambine hanno appena mangiato.
Ricorda che la notte si dormiva nel grande corridoio. Erano in trenta, la luce soffusa. La monaca guardiana si spogliava dietro un grande telo bianco. Erano momenti di attesa, di curiosità e di scoperta, e non si dormiva. Si stava occhi aperti a guardare i suoi mutandoni a metà gamba e il momento apocalittico in cui si tirava via il velo, con la bocca aperta per cercare di capire se anche le monache hanno i capelli.
C’era anche una suora buona, suor Eucaristica, la suora che di nascosto le accarezzava il viso e le diceva che è normale aver paura del buio, che si può essere buone anche se si fa qualche marachella, la suora che le dava qualche caramella, qualche sorriso, qualche briciolo di materna normalità.
Mamma si commuove parlandone.
Dopo anni di passi, cambiamenti, rinascite, mamma ha deciso di tornare in quel luogo che per quasi dieci anni l’ha vista diventare una piccola donna. Porta con sé due chili di pasticcini, sa che i bambini adesso sono pochi. Seduta nell’insolita sala, quella per gli ospiti esterni, mamma fa chiamare i bambini per farli mangiare.
Questa volta la merenda la facciamo assieme.
Alcune vite filano via lisce senza intoppi, trovando magari piccoli ostacoli superabili, piccoli arresti di facile ripartenza. Ci sono vite poi che per diventare vite devono fare la gavetta, e mamma questo lo sa bene.
Auguri Madre, buon compleanno.