Expo 2015: il parco giochi delle critiche – seconda parte
Leggi qui la prima parte del racconto sull’Expo 2015!
[…] E lo è, fra i più belli dell’esposizione. Gli EAU (Emirati Arabi Uniti, n. d. r.) lo hanno commissionato all’architetto Norman Foster, che lo ha realizzato riproducendo maestose dune del deserto. Non si può fare altro che ammirare la struttura, durante un’ora esatta di attesa sotto il sole. Per fortuna le hostess del padiglione offrono prontamente al pubblico degli ombrelli brandizzati per ripararsi, mentre figure in abito tradizionale si aggirano come principi e principesse delle mille e una notte fra le dune del padiglione.
Figure in abito tradizionale si aggirano come principi e principesse delle mille e una notte fra le dune del padiglione
Stremate dalla lunga sosta, grazie ad una chiacchierata estemporanea con una simpatica hostess scopriamo, fra le altre cose, che la media giornaliera di visitatori dell’Expo è fin’ora di sessantamila persone e che circa il dieci percento sceglie di visitare il padiglione degli Emirati. Finalmente riusciamo ad entrare.
Il percorso è diviso in quattro parti: nella prima si presentano in modo interattivo le sfide in campo nutrizionale che si presentano ad uno Stato come gli Emirati, con un clima e una situazione geografica particolari; nella seconda parte, si presentano invece le risposte e quindi le innovazioni che gli EAU stanno studiando per virare per esempio verso tecnologie sostenibili di desalinizzazione dell’acqua e di coltivazione di terreni aridi.
Nella terza parte, la più interessante, ci ritroviamo immerse in un grande cinema da centocinquanta posti, con tanto di schermo a trecentosessanta gradi ed effetti sensoriali. Il programma prevede la proiezione di un cortometraggio, realizzato come un vero e proprio action movie, che spiega come in soli cinquanta anni gli EAU siano divenuti un Paese altamente tecnologico e come intendano sfruttare conoscenze e risorse economiche per affrontare il futuro del Pianeta. Nella quarta ed ultima parte una mostra illustra come gli EAU si stiano preparando all’Expo 2020, che avrà luogo proprio a Dubai.
Il cibo e la nutrizione come sfide del millennio, in un mondo in cui l’85% della popolazione vive in zone aride
Usciamo dall’avventura negli Emirati con qualche consapevolezza in più, ma soprattutto con una riflessione sul tema dell’Expo 2015: il cibo e la nutrizione come sfide del millennio, in un mondo in cui l’85% della popolazione vive in zone aride. Il padiglione EAU ha centrato in pieno la tematica dell’Expo, ma gli altri?
La sensazione, che poi confermeremo alla fine, è che molti Paesi abbiano affrontano l’Esposizione Universale come una vetrina turistica, tralasciando completamente il tema, oppure riducendolo a mera rappresentazione dei prodotti tipici nazionali.
È l’ora di cena e, con un po’ di amaro in bocca per l’occasione sprecata, ci dirigiamo verso il padiglione dell’Olanda, pensato come un festival musicale all’aperto: prato, dj set, laghetto e food truck di ogni genere e tipo. Insomma la situazione ideale per rilassarsi e discutere delle riflessioni appena fatte.
Siamo quasi arrivate alla zona italiana che, sinceramente, non ci interessa granchè. Quello che veramente vogliamo vedere è il bellissimo Albero della Vita, posto al termine del vialone italiano e quindi perpendicolare al viale principale. Realizzato in acciaio e legno e nato dal progetto dell’architetto veneziano Marco Balich, il simbolo del padiglione Italia merita da solo una visita all’Expo. Ci accoglie da lontano, ricoperto di fiori colorati che sembrano origami – poi scopriremo esserlo davvero, visto che cambieranno forma continuamente, da fiori a barchette, da rombi a ventagli -.
L’Albero è posto al centro di una piscina circondata da una gradinata di spalti, panchine e buffe sedie roteanti. È lì che scopriamo, per fortuna, che ogni sera è previsto uno spettacolo di luci e suoni: come non rimanere a godercelo?
Nonostante le creazioni artistiche di questo tipo mi abbiano sempre affascinato molto, devo ammettere che lo spettacolo realizzato per l’Expo mi ha lasciata davvero senza fiato. Una scenografia perfetta di luci, giochi d’acqua e musiche scelte con cura sono capaci di trattenere attorno all’Albero centinaia di spettatori, per oltre mezz’ora. Inutile dire che saremmo rimaste volentieri ad assistere alle successive messe in scena luminose – una ogni ora a partire dalle 21-, ma il tempo stringe, il sito espositivo sta per chiudere e sono ancora molti i padiglioni che vogliamo vedere.
Sono le 22 però, e i padiglioni iniziano a chiudere. In quest’ultimo scampolo di gita riusciamo a visitare i padiglioni della Turchia e dell’Iran, pensati come giardini all’aperto, e a fare un giro sull’enorme scivolo sistemato dalla Germania all’esterno del suo stupendo padiglione.
È ora di riprendere la navetta e poi la metropolitana e allontanarsi dall’Expo, ormai chiusa. Certo, avremmo voluto vedere i padiglioni del Brasile, della Francia, dell’Austria, che ha realizzato un vero e proprio bosco al suo interno, della Russia, del Kuwait, della Polonia, costruito con cassette della frutta e del Giappone, pensato come un gigantesco origami di legno a incastro. Neppure un solo chiodo per realizzarlo! Insomma, mentre il treno della metropolitana ci riporta sferragliando a Milano, l’unica certezza che abbiamo è che torneremo, o che almeno sogniamo di tornare.
Nonostante tutte le critiche, per altro alcune assolutamente giuste, resta la sensazione di una grande esperienza, di aver assistito a qualcosa di unico, dove il padiglione degli EAU si staglia tranquillo di fronte al coloratissimo padiglione israeliano, dove signore in costume tipico vietnamita gustano frullati di frutti colombiani, dove gruppi di frati passeggiano tranquilli fra le erbe aromatiche iraniane e dove è possibile fare il giro del mondo non in ottanta giorni, ma in sole dodici ore.