Se l’influenza ti coglie proprio nel weekend…
E’ giovedì, e giovedì significa quasi venerdì, quindi weekend! Un orizzonte vasto di opportunità mi si apre davanti per scaricare tutte le tensioni della settimana, basta solo scegliere.
E invece no. Un’ombra grava sul mio entusiasmo da giorno festivo e, come la cara nuvoletta fantozziana, mi segue a mia insaputa.
L’influenza.
Chi può prendere l’influenza agli inizi di Giugno con trentacinque gradi all’ombra? Io, ovviamente. Ed è cronaca realistica di quello che mi è successo la scorsa settimana, dove di mezzo non c’era solo il weekend, ma anche il ponte per la Festa nazionale del 2 giugno.
Piani vacanzieri rovinati, sogni di gloria infranti, programma tutto da rifare.
Fra una tazza di tè bollente – che solo a scriverlo inizio a sudare – e un pacchetto di fazzoletti, decido di affrontare questi giorni con un libro che da mesi giace sui miei scaffali, fra un Merimée e un Tabucchi, e che fin’ora non ho mai avuto lo stimolo di iniziare.
Parlo di L’arte della Gioia, di Goliarda Sapienza.
Ammetto di averlo scelto in libreria per il titolo e il nome dell’autrice, per il suono dell’insieme, per come riempiva la bocca nel dirlo. Motivo insufficiente? Lo scoprirò alla fine del weekend. Il libro è lungo abbastanza per passare quattro giorni semi sdraiata sul letto, fra uno starnuto e un termometro.
Quest’opera non fu del tutto compresa, anzi venne rifiutata dagli editori perchè troppo complessa, troppo sincera, troppo ardita.
Ed è così che inizio la mia avventura con Modesta, la protagonista di questo romanzo quasi indefinibile, scritto nel 1969 e pubblicato postumo quasi trent’anni dopo. Tutti questi anni di differenza dimostrano che quest’opera non fu inizialmente del tutto compresa, anzi venne rifiutata dagli editori e spesso etichettata come troppo complessa, troppo sincera, troppo ardita.
Modesta nasce il 1 Gennaio del 1900 in una famiglia poverissima dell’altrettanto povero entroterra siciliano. La sua vita sembra già segnata, dalle sue origini e dal suo nome di battesimo, che con la sua straordinaria bellezza ha poco a che fare.
Dico sembra, perché Modesta non si ferma davanti a nulla e, grazie alla sua intelligenza, alla sua fame di conoscenza e alla sua evidente avvenenza, finirà col diventare la matriarca di una delle più aristocratiche famiglie catanesi, i Brandiforti.
L’arte della Gioia è un romanzo che attraversa il Novecento in un turbine di eventi, storici e personali, dal 1900 fino agli anni Sessanta, periodo in cui Goliarda Sapienza ha iniziato a scriverlo. Modesta in questi anni intensi studia, scrive, divora esperienze, amori, lutti come un’eroina degna di questo nome.
Ma, a differenza di molte altre eroine libresche, Modesta è un personaggio fatto di luci come di ombre, anche molto profonde. E’ una protagonista a tutto tondo, che ama e odia fortemente, che non si nasconde mai dietro del finto buonismo e rappresenta un esempio di femminismo reale senza precedenti.
Con un’estrema determinazione ad essere felice, Modesta affronta la vita con positività, vive i sentimenti a piene mani e riesce a non farsi mai incastrare in quello che gli uomini e la morale corrente vorrebbero che lei fosse. Assolutamente diversa dall’immagine della donna plasmata dalla cultura patriarcale, ma anche dal ruolo che le donne stesse credono di dover rispettare e incarnare per essere accettate.
Mentre me ne sto febbricitante sul letto a leggere questo libro particolarissimo, anche dal punto di vista dello stile – una terza persona che spesso si fonde con una prima persona, in un rifrangersi continuo di punti di vista – penso che avrei voluto conoscere Modesta, sentirla raccontare storie e discutere di Libertà, di Diritti e di Emancipazione.
Assolutamente diversa dall’immagine della donna plasmata dalla cultura patriarcale, ma anche dal ruolo che le donne stesse credono di dover rispettare e incarnare per essere accettate
Avrei voluto conoscere anche Goliarda, la cui vita non ha nulla da invidiare alla sua eroina né a nessun altro romanzo, morta senza vedere il suo capolavoro pubblicato per intero.
Non può certo succedere, ma ho potuto godermi uno dei migliori romanzi del Novecento, magari grezzo, ma intenso, complesso ed avventuroso. Un compagno ideale per un weekend che poteva essere un incubo, e che alla fine si è rivelato un viaggio straordinario a cavallo del cosiddetto Secolo Breve.