Ex estranei
I nostri amici più cari, soprattutto quelli conosciuti in età adulta, solo qualche tempo fa erano estranei. È incredibile se ci penso. Ci riflettevo sabato a cena mentre quella che una volta era solo una collega preparava davanti a me il gluhwein, l’aromatico vino caldo ricco di spezie. Si aggirava con destrezza tra i fornelli, in pantofole, mentre tutti gli altri ospiti erano in calzini. Proprio come si fa a casa propria, o quasi. Eravamo un ammasso di estranei di diverse nazionalità che per qualche ragione aveva deciso di fidarsi l’uno dell’altro. Ma non è forse così che nascono le famiglie? Due estranei che si sono fidati, si sono innamorati e hanno deciso di fondere il proprio DNA, di sancire con il sangue due cognomi diversi e fonderli definitivamente.
Abbiamo chiacchierato seduti sul gradino che divideva la cucina dall’area salotto, qualcuno con un bicchiere di vino in mano, qualcun altro pronto ad assaggiare gli uszka caldi, i ravioli ripieni tipici della Polonia. Eravamo tutti lontani da casa, non importa di quanti chilometri e ognuno aveva saputo riconoscere qualcosa di familiare in quel gruppo così diverso. Per me è stata una sensazione, la percezione della volontà di qualcuno di farmi sentire a casa.
«Ti ho preso le pantofole, così non hai freddo con solo i calzini sul pavimento freddo».
Ma non è forse così che nascono le famiglie? Due estranei che si sono fidati, si sono innamorati e hanno deciso di fondere il proprio DNA, di sancire con il sangue due cognomi diversi e fonderli definitivamente
Qualche anno fa questa persona entrava in ufficio, un po’ intimidita, e mai avrei pensato che in poco tempo avremmo condiviso il calore di un appartamento che sarebbe diventato anche un po’ mio. Combattiamo insieme la nostalgia di casa a colpi di cibo tipico e chiacchierate infinite che ci lasciano piene e sonnolente sul divano di pelle nera, avvolte in una coperta di pile che profuma di tè bianco.
Parliamo di progetti: alcuni neonati, altri ancora sconosciuti a tutti. Riusciamo ad incoraggiarci, ma siamo anche consapevoli che la positività non deve essere mai forzata. Spesso ce ne restiamo in silenzio se non c’è niente da dire e sappiamo che questa età adulta si prende così come viene, anche quando non ha senso.
Eravamo estranei prima di sapere i nostri nomi. Eravamo estranei per anni e avrei forse potuto incontrarla in metro, scrivere di lei e del suo biondo che non è proprio di queste parti. Gli estranei restano tali fino a che siamo pronti a regalare un atto di fede verso l’umanità. E forse un giorno non scriverò solo di loro, forse ne fermerò qualcuno e lo farò diventare amico. Lo vedrò in calzini, in lacrime, mentre ride a crepapelle nella sua maglietta sporca di sugo che usa solo in casa.
Forse è così che deve andare: l’estraneità resta una sensazione più che un dato di fatto. Tutta questa distanza da casa mi ha insegnato ad accogliere di più, ad avere braccia più lunghe per avvolgere meglio. Oggi sento meglio che mai.