Banali violenze
Abbiamo già vissuto in passato epoche violente. Non quelle delle guerre. Ma quelle delle sommosse, delle rivendicazioni, del terrorismo di ogni specie. In comune questi comportamenti avevano qualcosa: un motivo. Non una giusta ragione, ma un pensiero che faceva da base ai gesti estremi, tanto è che quei movimenti si chiamavano estremistici. A significare qualcosa che era andato al là delle ragioni sostenute.
Oggi assistiamo a molta violenza, ma parcellizzata in piccoli episodi
Oggi assistiamo a molta violenza, ma parcellizzata in piccoli episodi, qualche volta anche molto grandi, come nel caso del carcere di Santa Maria Capua Vetere. Fatto gravissimo, ma comunque circoscritto, chiuso in un ambiente, non fenomeno di massa o diffuso nella società. Come si è visto anche nel caso dell’assessore di Voghera che ha estratto la pistola, durante un litigio, ed ha ucciso un immigrato disarmato. La giustizia dirà cosa è successo, ma resta il fatto che è un episodio che una enorme violenza che rischia di andare ben oltre la necessità di sicurezza o autodifesa. Assistiamo a molta violenza gratuita, superflua, dove la violenza è la ragione di sè medesima, oppure frutto di frustrazione. Anche nel calcio ci sono i falli di frustrazione, quando tiri una pedata all’avversario perché non ti riesce di fermarlo diversamente.
Prendiamo il caso di quelli che, con orribile parola, chiamiamo femminicidi. Sono tutti omicidi di frustrazione. Non si riesce a farsi apprezzare o amare con i propri comportamenti, e allora si addossa la responsabilità ad altri, alla vittima che non accettava più quei modi o quegli approcci. Questi reati non conoscono etnie, geografia o cittadinanza. Ritornano anche quelli che uccidono, seppure giovanissimi, perché hanno “le voci dentro” che spingono a gesti estremi, spesso col coltello, arma dedita soprattutto all’odio profondo.
Questi reati non conoscono etnie, geografia o cittadinanza.
Non si fa qui una predica sul modello sociale o sulla società del profitto e via discorrendo. Ma certamente nella famiglia e nella scuola soprattutto, e nella politica, non si fa abbastanza per spiegare ai più giovani la tolleranza e il rispetto, la stupidità della violenza e tutto ciò che ne consegue. Questo nel dibattito sociale compare poco: economia, diritti, futuro eccetera. Temi importanti e doverosi. Ma per formare persone e cittadini forse serve qualcosa in più e di diverso.