Il fiume – VIII – Settembre giacobino
Settembre non tradì le aspettative che fin dai primi giorni i contadini avevano riposto in esso. Il sole stendeva il suo pallido rigurgito estivo su terra e acqua e le piante, forse confuse e certo assai orgogliose, non parevano in alcun modo intenzionate a cedere un po’ del loro verde pigmento. L’acqua del fiume continuava la sua discesa cheta e pigramente agostana. E tuttavia la maggior parte degli abituali frequentatori del fiume avevano abbandonato le sue rive. Come una rivoluzione partita dall’alto, il caldo settembre non era tuttavia riuscito a scaldare gli animi della sua gente. La maggior parte di costoro sulla nona pagina del calendario non avevano spazio se non per appuntamenti di lavoro, scuola, corsi di yoga. Ricominciare. Nessuno sconto all’estate, ricominciare. Insomma, se questo settembre voleva fare l’agosto, beh, problemi suoi.
Un caldissimo sabato di metà mese il cane del fiume, che lui sì avrebbe seguito le velleità giacobine di settembre fino al trentesimo giorno e oltre, si appropinquò verso l’acqua per un bagno ristoratore. Oramai disabituato ad altre presenze che non fossero aironi e lucertole, il cane si accorse della presenza di un uomo solamente dopo una serie di serpentine nella verde acqua del fiume. Seduto sul solito sasso dove lo aveva visto per la maggior parte dell’estate, l’uomo sconosciuto sfogliava un taccuino giallo e talvolta si grattava un polpaccio. Le zanzare, effettivamente, parevano anch’esse pronte a seguire il settembre giacobino in ogni barricata o trincea. Il cane uscì dall’acqua, osservò l’uomo a lungo, cercò con lo sguardo il ragazzino biondo che era solito accompagnarlo ma non lo trovò. Quindi si scrollò l’acqua dal fitto pelo nero e si sdraiò al caldo sole giacobino. Infine serrò i piccoli occhi scuri e si addormentò. Fu un leggero vociare a destarlo dal sonno. Guardò in direzione dell’uomo sconosciuto e lo vide seduto dove lo aveva lasciato un attimo prima di addormentarsi. Solamente che non era più solo. Accanto all’uomo sedeva ora la persona che più stava a cuore al cane del fiume: Ste.
“Se c’era qualcuno che ero sicuro di incontrare al fiume eravate questo cane e lei” disse Ste. Accarezzò il cane che aveva preso posizione al suo fianco e sorrise.
“Come mai ne era tanto sicuro?” ribattè lo sconosciuto.
“Del cane?”
“Si del cane” rispose lo sconosciuto ridendo. Ste pensò che non aveva mai immaginato che quell’uomo potesse ridere. Ad ogni modo, gli parve una risata sciocca. E ne fu quanto meno deluso.
“Credo abbia capito che non mi riferivo al cane ma a me stesso” disse l’uomo.
“Ma certo, ho capito” disse Ste. Lanciò un sasso nel fiume e continuò “vede, mi sono fatto l’idea che anche lei si aspettava che io fossi qui quest’oggi”
“Dice?”
“Dico. Sbaglio?”
“E per quale motivo?”
“O, per tanti e per nessuno”
“Addirittura”
“Abbia pazienza, forse lei non sa ma ha portato lo scompiglio tra la gente che frequentava il fiume. Anzi, almeno in parte se ne sarà sicuramente accorto”
L’uomo sconosciuto abbassò la testa e con l’indice della mano destra mosse un piccolo sasso rosso posizionato tra i suoi talloni.
“A proposito, come sta suo figlio?” chiese Ste.
“Mio figlio?”
“Oh scusi, non è suo figlio il ragazzino biondo?”
“Questo ha poca importanza. Si chiama Michele, comunque. Ecco, questo ha più importanza. Ad ogni modo, credo si riferisca all’incidente dell’ultima volta che ci siamo visti qui al fiume”
“Incidente. Si, io lo chiamerei un tafferuglio più che un incidente. Non avevo mai visto una scena del genere prima d’ora”
“Si, posso capire. Ma, che dire, non posso dire che Michele non sia rimasto scosso per l’accaduto. I sassi, quel ragazzino invasato…”
“Luca? Forse sarebbe meglio dire innamorato”
“Si capisco. Ha ragione lei, meglio dire innamorato. Non lo invidio. Probabilmente sarà stata la sua prima cotta ed è finita nel peggiore dei modi: rifiutato e sostituito. Sono cose che segnano”
“Segnano?”
“Si, che segnano. La prima cotta, la prima volta che si desidera realmente qualcuno. Ma non parlo di amori platonici, badi bene. Intendo l’amore, il desiderio verso qualcuno che è davvero raggiungibile. Spero di spiegarmi: non parlo della cantante o della zia trentenne di un amico, insomma. Intendo una coetanea, per dire, intendo una con cui si, ci potrebbe stare il primo bacio, il primo vero amore”
“La svolta”
“Si, la svolta. Ora, io penso che il risultato di quella cotta in qualche modo ci segnerà. Se tutto va bene si acquisisce in autostima, in consapevolezza. Ma se le cose vanno male sono ferite. E le ferite a quell’età non si rimarginano mai. Rimangono latenti, ma poi tac, si riaprono sul più bello”
“E quindi, se ho ben capito, ogni volta si ripresenterà un’occasione, la ferita si farà sentire”
“Esatto. Poi ci sono tanti modi in cui può farsi sentire, intendiamoci, ma questa è materia per psicologi”
“Se è così, povero Luca. È un buono. E manco stupido”
“Magari mi sbaglio” disse l’uomo volgendo lo sguardo a valle, dalla parte opposta a Ste “E l’altra scazzottata come è poi finita?” aggiunse.
Ste osservò un piccolo pesce danzare vicino a riva. “L’altra scazzottata? Mimmo e Gian? Oh beh, credo che tra loro la cosa si sarebbe dovuta risolvere molto prima e soprattutto molto meglio. Avrà intuito che ci sono intrecci strani, triangoli, cose di corna insomma. Alla fine non ci ha guadagnato nessuno in quella storia: Gian, oltre che la forza di reagire, ha trovato quella di lasciare Luana. Lei ora è sola, perché Mimmo non ne vuole sapere più niente. Credo tornerà alla carica su Gian e spero che lui resista ma non credo. E Mimmo ci ha rimesso un paio di incisivi, che per uno come lui è una condanna non indifferente. Un bel casino. Davvero un bel casino. Lo prenda come uno scherzo, ma le ribadisco che quest’estate lei qui ha portato con sé un discreto casino. Diciamo che ha scoperchiato il vaso di Pandora”
“Non me ne rammarico” ribatté l’uomo.
Ste alzò la testa, come colto di sorpresa dalle parole dell’uomo “Guardi che io stavo solamente scherzando. Sono parole in libertà, tutto qui.”
“Ma certo, ci mancherebbe. Però vede, le parole sono importanti e hanno conseguenze che non ci si aspetta. E allo stesso modo sono le azioni” l’uomo fece una pausa, quindi riprese “Lei è sicuramente più erudito di me, ma molto più superficiale di quanto creda. È nella sua natura e lo dimostra ancora una volta. Altrimenti ricorderebbe, altrimenti avrebbe già capito”
Per qualche secondo Ste si chiese se non avesse compreso male le ultime parole. Ma ben presto capì che non c’erano dubbi a riguardo.
“Mi scusi, credo di non aver capito cosa intendesse” disse timidamente Ste dopo un lungo silenzio.
“No?”
“No, davvero” Ste fece un paio di respiri e continuò “Insomma, mi pare che lei abbia affermato cose sul mio conto, che so, un po’ personali. Mi permette di dire ciò? Che quanto lei dice è personale?”
“Può essere” disse l’uomo. Sorrise, appoggiò le mani alle ginocchia con un gesto plateale e si alzò. Quindi stiracchiò la schiena e si incamminò nell’acqua del fiume fino ad esserne coperto oltre la cintura.
“Credo sia la prima volta che la vedo fare un bagno. Sempre su quel sasso” disse Ste osservando l’uomo. D’un tratto sentì il corpo pervaso da una tensione che dalle viscere si propagò verso l’alto e trovò il suo apice tra le mandibole. Tentò di attenuare tale inquietudine massaggiando la parte incriminata ma il contatto delle mani con la barba lo innervosì ancora di più. E dovette arrendersi a un sentimento in cui non amava riconoscersi: la rabbia.
“Ma si può sapere chi cazzo sei insomma? Voglio dire, abbi pazienza, non ti si è mai visto, non hai mai spiaccicato parola con nessuno se non qualche frase con me, non si sa chi cazzo tu sia né chi sia quel ragazzino che ti porti appresso e ora mi vieni pure a far battute sul mio passato. Ma voglio dire, ti pare normale?”
L’uomo si immerse nel fiume e non lasciò trasparire alcuna reazione per la temperatura dell’acqua.
“E niente, non ha niente da dire?” disse ancora Ste. L’uomo si alzò in piedi e strofinò le mani sul volto. “Che dovrei dire? Si è sfogato, le ha fatto sicuramente bene. Scaricare la rabbia fa sempre bene. Certo, andrebbe incanalata nella giusta maniera. Se non sbaglio, qualche giorno fa ha detto al suo amico, quel bell’imbusto con i capelli riccioli, che non riusciva mai a incanalare i rivoli d’acqua come voleva. A casa di sua nonna, ha detto. Ah, ma non si spaventi, abbia pazienza, come le dicevo un po’ di tempo fa è solamente il vento a portare le parole più lontano del dovuto. Diciamo che la mia posizione su quel sasso è, come dire, assai fortunata” e così dicendo l’uomo si tuffò all’indietro e si mise nella posizione del morto. Ste spalancò la bocca, il corpo si irrigidì. I rivoli, i fallimentari tentativi di incanalare l’acqua, la casa della nonna. Perché era così interessato alle sue parole? E come faceva a conoscere cose del suo passato? Si alzò di scatto e camminò lungo il fiume. Si guardava i piedi, talvolta inciampava. Il cane lo seguiva.
Quando ritornò dalla lunga passeggiata il sole era già tramontato dietro le alte rocce. Dell’uomo non vi era traccia. Prese l’asciugamano che aveva lasciato sul posto e fece per incamminarsi verso i campi. Vide il cane annusare un oggetto nei pressi del sasso dove era seduto l’uomo. Si avvicinò e vide il taccuino giallo che lo sconosciuto portava sempre con sé.